giovedì 13 dicembre 2007
La “Sindrome di Seurat”
L’altra mattina mi sono trovato con alcune signore davanti alla cassa di un centro commerciale: la fila, lunghissima (come negli uffici postali), e la temperatura, piacevolmente fresca (al contrario che negli uffici postali), hanno favorito quel tipo di esercizio verbale che solitamente ha come palestra del linguaggio l’ascensore condominiale. Ebbene, stavamo disquisendo sugli ultimi italioti avvenimenti quando ad un certo punto, guarda caso, il discorso è andato a cadere proprio sull’acqua. I nostri amici lettori ora penseranno subito a quel liquido trasparente, senza odore né sapore, costituito per legge chimica dalla combinazione di un terzo di volume di ossigeno e due terzi di idrogeno e che, come ci assicurano, si può bere tranquillamente. E invece no. L’acqua in questione era, ed è, massimamente, quella che esce (a pressioni variabili e spesso improvvisamente interrotte) dai rubinetti adusti delle nostre abitazioni. Ho saputo così, dalle massaie incolonnate, dei bruschi cambiamenti che si verificano in una specie, mettiamo il caso una maglietta blu, in determinati periodi della sua esistenza. Quando cioè, essa maglietta, viene a contatto col biasimevole liquido che talvolta sgorga dai domestici tubi. Infatti, sotto certe condizioni, non è raro osservare l’originarsi di nuove specie, appartenenti pur sempre allo stesso genere “maglietta”, ma completamente nuove nel colorito: una teoria di puntini che vanno dall’amaranto scuro alla garanza rosa, virando inesorabilmente al bordò. Questa particolare forma di mutazione cromatica alla quale molti di noi rinuncerebbero volentieri, fu osservata per primo dall’americano Savage fra i popoli nomadi dell’altopiano dello Shansi, adusi a risciacquare i loro panni nelle acque limacciose dello Yang-tze (il Fiume Giallo) ed in seguito detta, da altri studiosi della materia, anche “Sindrome di Seurat” (proprio a causa della caratteristica scomposizione della tinta in altre perlopiù complementari, tipiche dei pittori divisionisti come, appunto, il Seurat). Una distinta signora della fila, consumata nell’arte delle domestiche virtù da lustri di costante e ininterrotta applicazione nei più svariati tipi di lavaggi a mano libera e a macchina, ci ha raccontato di alcuni fenomeni da lei rilevati allorquando, finita la fase del risciacquo, una mattina estrasse esanimi dal cestello della lavatrice alcuni capi di biancheria (le magliette del figlio terzino che milita in una società calcistica di infima categoria). Orrore!! Esse erano completamente mutate nel colore, rispetto alle primigenie introdotte poco prima! Quindi, dopo aver escluso eventuali proprietà cromatofore delle magliette, le quali, a differenza del ben noto camaleonte, pare non posseggano questa straordinaria e specifica qualità, la sua pluriennale esperienza l’indusse immantinente a rigettare probabili responsabilità non sul detersivo (peraltro lungamente collaudato), bensì sull’acqua, all’interno delle cui corrotte molecole andava invece ricercata la vera prova del delitto. In effetti, pur non esistendo prove certe, le sostanze di origine inorganica come per esempio il piombo, il rame, lo zinco, l’alluminio, il ferro ed altre ancora presenti nell’acqua (scusate il termine) e formatesi in seguito a processi di trasformazione geologica, potrebbero interferire con le tinte dei vestimenti penetrando all’interno delle fibre tessili e poi, attraverso un complicato procedimento chimico noto solo ai dipendenti degli acquedotti comunali, dare origine alle trasformazioni osservate dalla nostra amabile signora. E poi ci lamentiamo delle bollette! In fondo, con tutto quello che esce dai rubinetti, ci fanno pagare solo l’acqua!... D’altro canto si ha notizia che già nel periodo predinastico, in Egitto, l’ocra rossa, sostanzialmente costituita da ossido idrato di ferro e argilla, fosse uno dei pigmenti maggiormente usati e ricercatissimo da Greci e Romani. Questo non c’entra nulla con tutto il resto, ma lo dico per dimostrare che non sono né scemo né ignorante. Così, la nostra signora ha deciso, d’accordo con le altre massaie del rione, di studiare il fenomeno onde sintetizzare il rapporto esistente tra i vari colori ottenuti post-lavaggio e le gradazioni che ne derivano, stilando opportune tabelle parametrico-cromatiche per mezzo delle quali si potrà sapere, prima d’intraprendere un bucato, di che colore verrà dopo lavato. Ciò, è bene ricordarlo, oltre a rappresentare un valido ausilio per tutti coloro che si apprestano a cimentarsi in simili attività, potrebbe addirittura condizionare le nuove tecniche pittoriche ed essere uno spiraglio verso tutto ciò che coinvolge mutamenti del pensare umano denunciando molteplici legami tra filosofia, psicologia e arte.
Francesco Dotti
Irresistibile sia la vignetta che il testo. Il tuo Mago Merlino alle prese con la pseudo-acqua e i suoi effetti collaterali ha raccontato molto più di qualsiasi articolo o servizio televisivo. Ti ho mandato una email che vorrei tu leggessi con attenzione. Grazie per la risata, ottimo inizio di una domenica mattina da Siberia anche a Porto Rotondo. Baci
RispondiEliminaMarella