venerdì 18 settembre 2009
Exit strategy
Come cittadino, ma soprattutto come ex militare, sono vicino alle famiglie di tutti quei poveri ragazzi che hanno dato le loro giovani vite per aiutare gli altri. Già, gli altri.
Mi chiedo, infatti, che senso abbia restare in un Paese, in questo caso l'Afghanistan, ma va bene ugualmente per il Kosovo o per l'Iraq, se non perché "obbligati" a farlo da accordi internazionali presi sempre e soprattutto con l'America. Non sono un esperto di politica estera e perciò dirò un sacco di fesserie, ma non credo che tutto questo finirà presto. Purtroppo. Quindi, alla mia maniera, esprimo un sunto delle mie riflessioni, naturalmente da prendere con debita distanza proprio perché sono ignorante. Ma sono comunque le mie riflessioni e, qualora lo voleste, potrete sempre smentirmi.
In Kosovo, come "sentinelle della pace", ci siamo già da quindici anni e anche lì, dopo tutti i morti che ci sono stati, ancora oggi ogni tanto muore qualcuno: vuoi per un incidente, vuoi per i postumi di qualche malanno derivato dall'uranio impoverito. Dice che ci siamo, oltre che per gli aiuti umanitari, anche per favorire la pacifica convivenza delle diverse etnie, quella albanese e quella serba, che allo scoppio della guerra rivendicavano il possesso del territorio, ciascuna utilizzando forze militari (rispettivamente Uck e i "pulitori etnici" di Milosevic), mafie e criminalità varie. Oltre a parecchi servizi segreti nei quali anche buona parte dell'Occidente ha sguazzato, mettendoci del suo, perché aveva interesse a farlo. Insomma, anche se non me ne intendo, credo che dietro a tutto ci sia un gioco talmente sporco che nessuno potrebbe mai ammettere. Detto questo, più in generale, sono convintissimo che se due non si possono vedere e si odiano, prima o poi, appena ti giri dall'altra parte, tenteranno di farsi fuori. Ed è dai tempi dell'impero Ottomano che Serbi e Albanesi non si possono vedere (più o meno dal 1300), e per metterli d'accordo non basteranno altri sette secoli.
Per l'Iraq è addirittura peggio, perché c'è in ballo la religione. La scusa della guerra, oltre all'invasione del Kuwait, furono le fantomatiche "armi di distruzione di massa" peraltro mai trovate, gli equilibri geopolitici delle regioni confinanti, il petrolio soprattutto, e la caccia a quel fregnone di Osama Bin Laden che, se avessero voluto, lo avrebbero trovato subito. Bastava cercarlo dov'era. E anche lì morte e distruzione, che non è ancora finita, perché ancora si salta per aria.
Ora c'è l'Afghanistan, un paese povero che si regge in piedi col traffico d'oppio in cambio di armi e tritolo. Il breve periodo di riforme "laiche" portato avanti dal governo di Taraki (in seguito assassinato) durò poco per l'opposizione del clero islamico e per le ingerenze russe, viste come il fumo negli occhi dai soliti americani (governo Carter), i quali aiutarono segretamente i mujaheddin islamici e integralisti, d'accordo anche col Pakistan, per abbattere i "laici" filo-comunisti sostenuti dalla Russia.
E si arriva all'invasione russa, respinta dai mujaheddin appoggiati sempre dall'America, questa volta di Reagan, ed elevati al nobile ruolo di "combattenti per la libertà". Tra questi fa la comparsa anche il nostro amico Osama Bin Laden. Quello ancora introvabile. O incercabile. Anche in questo caso centinaia di migliaia di morti e invalidi tra civili e militari. Bella roba davvero!
Ma non è finita qui, perché tra le fazioni ora inizia la guerra civile per aggiudicarsi l'Afghanistan. Fondamentalisti mujaheddin, del nord e del sud, filosovietici sconfitti, pashtun, servizi segreti, talebani con quel figlio di madrassa del mullah Omar, studenti coranici e chi più ne ha più ne metta iniziano a prendersi a cannonate, ad amputarsi nasi mani e genitali e a farsi saltare per aria. Avendo sempre dietro, almeno per un po', gli Stati Uniti, i quali, dopo essersi resi conto che stavano appoggiando dei terroristi che ogni tanto attentavano anche alla loro sicurezza, piano piano si sono defilati.
Dopo gli attentati alle torri gemelle, individuato in Al-Qaeda il responsabile, gli americani si sono un po' incazzati e hanno preteso la consegna di Bin Laden (Osama, per gli amici). Al rifiuto talebano è seguito l'attacco americano (la rima mi è venuta per caso). Ancora morti, storpi, macerie e dolore tra civili e militari, fino all'insediamento del petroliere Karzai, in forte odore CIA. Le successive azioni di guerriglia dei talebani costringono i paesi della Nato ad inviare truppe, tra le quali ci sono anche i nostri militari che, spediti lì in "missione di pace", spesso la trovano. Per sempre.
Tutto questo per coprire gli schifosissimi interessi dei "signori della guerra", che con le guerre si rimpinguano le tasche per poi mettersi giacca e cravatta e dire cose sensate in televisione e sui giornali. Vado a vomitare.
Francesco Dotti
nella sua cruda realtà è abbastanz significativa e dolorosa.
RispondiEliminaSempre bravo
nella sua durezza è purtroppo significativa ed attuale.
RispondiEliminaBravo come sempre