Qui, solo per gli amatori del Sodalizio, du' bei link tutti da ridere:
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Storie e personaggi nei ricordi di uno strano organizzatore
La bugìa più bella
Nel 1999 una geniale invenzione del Sodalizio Muschiato portò al Campionato della Bugìa un surreale intermezzo pubblicitario.
di Carlo Bartolini
Quando racconto gli irripetibili anni in cui ho dato una mano, l’altra, i piedi, la testa e soprattutto il cuore come Direttore-artistico-tuttofare (sob!) del “Campionato Italiano della Bugìa” piastrese, immancabilmente c’è chi domanda “…ma la frottola più bella, quale è stata?”. La mente ricorda allora indimenticabili vincitrici, ma sceglie sempre quanto i goliardi del Sodalizio Muschiato idearono per divertire e divertirsi; la credibilità di quel memorabile intermezzo coinvolse tutti e, trasformando gli spettatori in protagonisti, disorientò persino la Giuria che, confusa fra finzione e realtà, perse anche l’occasione di premiarlo.
L'annuncio che il Salumificio Baluganti è lo sponsor della "Bugìa"
Alla vigilia della “Bugìa” del ‘96, il macellaio delle Piastre rispose agli insistenti squilli del telefono e sentendosi dire “Sono Caprina e con altri umoristi verremo alla festa”, pensando a uno scherzo, beh!... uno stizzito gesto di disappunto lo fece davvero. Il diluvio tanto violento da far ingelosire Noè, giunse subdolo e malvagio, con tristi bagliori di fulmini e un sinistro presagio di tuoni, la notte; io, indomito a non vanificare la lunga preparazione di un anno, trascorsi la mattina della festa ad aspettare una schiarita che non arrivò neppure dopo pranzo quando, in segno d’irriverente sfida all’infame destino, sotto la volta che riparava le vignette tolte dalle facciate, si levarono alte e impenitenti le risate di Federico Sardelli e Stefano Caprina. Erano giunti da Livorno con la moglie di quest’ultimo e Checche e, nel nubifragio pomeridiano, sbirciavano i bozzetti nell’angusto riparo: Federico con le stampelle e una gamba ingessata per la recente caduta, Stefano nell’avventata tenuta con pantaloni corti che, all’invito di rimanere a cena, gli fece esclamare “Volentieri! Prima però indosso quelli lunghi che ho in auto… qui fa un freddo boia!” per poi aggiungere “…e comunque dé, vogliamo contribuire!”. Quegli ospiti profumavano di sagacia, entusiasmo e amicizia vera così, intuendo prezioso il loro contributo alle future “Bugìe”, vanificai l’ultima parte della risposta con l’ospitalità spigolosa ma cordiale della gente di montagna. Poi, quando fra le battute del manipolo labronico e le caricature dei vincitori grafici, il convivio giunse alla fine, Checche in piedi a capotavola, sollecitato da Stefano e Federico, impersonò Igor Chekovskij in un improvvisato quanto pretestuoso ringraziamento ucraino.
Stefano, volenteroso interprete dell’inattendibile discorso, finse di tradurne i concetti essenziali seguendo quelle fonìe da dottor Zivago fin quando la moglie (non ricordo di chi) interruppe l’incedere dell’ingenuo proclama dicendo “…scusate, ma questa è una lingua inventata!”. Fu allora che malcelati imbarazzi e garbati sorrisi si alternarono sui nostri volti finché la Punto grigio metallizzato targata LI sparì, definitivamente inghiottita dalla notte, nella tortuosa discesa verso Pistoia.
Federico Sardelli e Checche
Stefano, volenteroso interprete dell’inattendibile discorso, finse di tradurne i concetti essenziali seguendo quelle fonìe da dottor Zivago fin quando la moglie (non ricordo di chi) interruppe l’incedere dell’ingenuo proclama dicendo “…scusate, ma questa è una lingua inventata!”. Fu allora che malcelati imbarazzi e garbati sorrisi si alternarono sui nostri volti finché la Punto grigio metallizzato targata LI sparì, definitivamente inghiottita dalla notte, nella tortuosa discesa verso Pistoia.
Il Sodalizio Muschiato entrò così nella “Bugìa”, per non uscirne più.
Checche, cortese e discreto, ispirava a ogni “Bugìa” la fantasia di Stefano e Federico che affidavano alla sua bonaria disponibilità gli assurdi personaggi da loro inventati: Igor Chekovskij, Checche sindaco o il commendator Baluganti. Conoscendone solo la devozione alla Madonna di Montenero, allorché dal banchino della zia davanti al Santuario, portava a mia mamma una penna o una cornicina con l’immaginetta sacra minuscola come un francobollo, le sue interpretazioni sorprendevano anche me che già fantasticavo quando, alle merende nella nostra casa piastrese, il Borzacchini affermava “A noi, manca un prete… di quelli ganzi!”; e io, che un’idea l’avevo, immaginavo la novità al raduno annuale più coinvolgente di tutti: il M.E.R.D.A.F. (Morte E Resurrezione Di Alberto Fremura), immancabilmente il 19 marzo.
Checche, cortese e discreto, ispirava a ogni “Bugìa” la fantasia di Stefano e Federico che affidavano alla sua bonaria disponibilità gli assurdi personaggi da loro inventati: Igor Chekovskij, Checche sindaco o il commendator Baluganti. Conoscendone solo la devozione alla Madonna di Montenero, allorché dal banchino della zia davanti al Santuario, portava a mia mamma una penna o una cornicina con l’immaginetta sacra minuscola come un francobollo, le sue interpretazioni sorprendevano anche me che già fantasticavo quando, alle merende nella nostra casa piastrese, il Borzacchini affermava “A noi, manca un prete… di quelli ganzi!”; e io, che un’idea l’avevo, immaginavo la novità al raduno annuale più coinvolgente di tutti: il M.E.R.D.A.F. (Morte E Resurrezione Di Alberto Fremura), immancabilmente il 19 marzo.
Quel giorno del ‘94 i Sodali si riunirono a mangiare una pizza quando, d’improvviso, Fremura andò in bagno per un bisogno impellente; nulla di strano, ma poiché non tornava, gli amici si preoccuparono “Non gli sarà mica successo qualcosa?... Io, andrei a vedere…” disse Stefano, “Vai, vai… io continuo a mangiare la pizza, ché sennò mi si ghiaccia!” rispose incurante Federico, con una battuta passata alla storia. Trovarono «Il Maestro» a terra che stava male e lo portarono in Ospedale dove fu urgentemente operato di peritonite; poi, quella data diventò celebrativa dell’evento e Antonio Papini così scrisse “Ricordate il film "Eyes Wide Shut" di Stanley Kubrik? Per accedere ai riti orgiastici, Tom Cruise ricorreva alla parola d'ordine, conosciuta solo agli iniziati: “fidelius”. Ora facciamo un salto temporale nonché spaziale: Livorno, località sconosciuta a tutti, tranne che a pochi eletti. Ogni anno, in un luogo sempre diverso e conosciuto solo agli adepti e a pochissimi simpatizzanti, si svolge un convivio esclusivo, assolutamente vietato agli estranei. Un rito con l’obbligatorietà di quel saluto, “sodamus”, che non tenendo conto dell’ora legale, nel periodo estivo diventa “sudamus”.
Ebbene, da «Benemerito» del Sodalizio Muschiato, ho presenziato alle cene nella Fortezza Vecchia di Livorno, a Montenero e a Vicarello dove, sotto il magistero del sommo Alberto Fremura (che ricopre la carica massima), erano riuniti «I Sodali» Ettore Borzacchini (Accademico della Farina dei Semi di Lino), Marc Sardelli (pittore ufficiale della Marina Italiana, nonché vignettista, umorista e quant’altro), Federico Maria Sardelli, (figlio del suddetto Marcello e noto musicista, vignettista e chi più ne ha, più ne metta), «Il Camerléngo» Stefano Caprina “Capras” (apprezzato grafico pubblicitario), «Il Profeta» Francesco Genovesi (ovvero Checche, l’uomo del “compagnaggio attivo”) e «Il Gran Baccelliere» Antonio Cerracchio (pubblicitario di chiara fama). Capii lì che i Sodali rifiutano definizioni o cittadinanze politiche e incoraggiano le cene per lo spirito di passare una serata in compagnia, godendo le perle estemporaneamente lanciate, come anatemi, dai commensali.
da sinistra: Stefano "Capras" Caprina, Marc Sardelli, Alberto Fremura, Ettore Borzacchini, Federico Maria Sardelli
Fra questi, Checche si distingue per i “luoghicomuni” con cui sdrammatizza una situazione, banalizza un evento o sottolinea la fatalità della vita: ché è inutile andare contro il destino, tutto va come deve andare e quindi, meglio adattarsi e affrontare la realtà confortati dalla saggezza popolare di detti, proverbi e quant’altro. Ogni occasione è pretesto per la sua opportuna citazione e, al culmine di un accadimento, i Sodali si bloccano a guardarlo ammiccanti, pregustando l’imminente e scontata affermazione. Alle cene sorride enigmatico ma cordiale e, felice di vederci tutti lì, saluta con affetto per poi sedersi accanto a Federico che lo travolge in un benevolo turbinìo di sguaiataggini e sberleffi.
Lui non aspetta altro, ride e si diverte fin quando, riparandosi dal tovagliolo che l’amico cerca di legargli a mo’ di pezzuola, guarda il piatto zittendoci con l’ennesima e lapidaria banalità “Allora, come mangio bene a casa mia…”.
«Il Maestro» Alberto Fremura, con la tunica bianca ornata di greche dorate che riprendono lo sfavillante luccichìo della corona d’alloro sul capo, segue tutto e tutti fin quando si diffonde una musica solenne.
E’ l’inno ufficiale e i commensali, alzandosi di scatto, l’ascoltano in religioso silenzio, con la mano destra sul cuore; poi il brano sfuma e la cena riprende fra lazzi e sberleffi. Ecco il Sodalizio Muschiato, nato dalla mente di conosciuti e stimati personaggi che sarebbero rimasti ignoti se, una mattina, i livornesi non avessero trovato infilati negli escrementi sui marciapiedi alcuni cartoncini con la scritta "Stronzo come il padrone del cane".
A questi ne seguirono altri sotto i tergicristalli delle auto in sosta sui passaggi per disabili, che così ammonivano “Complimenti per il suo parcheggio a testa di cuoio”. Insomma, una vera e propria campagna di educazione ecologica e civica di cui il Sodalizio, “unico e lodevole esempio di Volontariato della Satira, si fa carico e responsabilità, a proprie spese, per rendere disponibili al pubblico, distribuendoli senza risparmio e in modo del tutto occasionale e casuale, i propri cartoncini (di vario formato) su cui, raccolti dalla saggezza popolare, son riportati detti, aforismi, motti ed altre espressioni per servire al sapido commento di persone, fatti, vicende e situazioni con cui ci si confronti nel contesto della società contemporanea”. Durante la cena del ‘96, quella che mi sollevò il morale dopo il diluvio, i bigliettini comparvero anche a Le Piastre ma, nella concitazione degli eventi, non compresi che l’originalità del contenuto e la cadenza dell’emissione li rendevano preziosi, da collezionare. Lo capii però nel ‘97, vedendo quello che citava “Vorrà dire che s’è fatto una bella girata”, nato nel nubifragio dell’anno precedente, con doverosamente citata la fonte: Il Luogocomunista di Altissimo Rango, Checche.
“Cos’è il Genio? E’ fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione!” declamava il Perozzi in “Amici miei”. E quell’estate, il Genio, arrivò anche a Le Piastre…
“Per domenica ci occorrono un tavolo, alcuni salumi, un grembio e dei coltelli da macellaio… al resto pensiamo noi!”. Non capii la telefonata di Stefano ma gli procurai tutto senza distrarmi dagli ultimi preparativi, poiché il macellaio, che in paese con poca fantasia chiamavano “Mace”, era uno di noi. Così, quando alla “Bugìa” del ‘99, il Sodalizio Muschiato piombò sul luogo del misfatto ogni cosa era pronta. Prima della festa Stefano indossò il grembiule, affettando i salumi preparati sul tavolo; vicino a lui, in rigoroso completo grigio, Tommaso distribuiva le prelibatezze e altri pezzetti di salamini più piccoli, accompagnando ogni assaggio a un questionario da compilare.
La voce del sorprendente omaggio corse veloce e, pur nelle calde ore del pomeriggio, in molti si accalcarono per assicurarsi, fra spintoni e gesti d’impazienza, l’inattesa degustazione a cui assistevano divertiti il Borzacchini, Federico e Checche. La festa ebbe inizio, procedendo fra frottole e premiazioni fin quando il presentatore chiamò Checche e Tommaso.
Era tutto combinato e loro entrarono in scena al momento in cui, sul palco dei bugiardi, apparve l’enorme manifesto che trionfalmente annunciava “Salumificio Baluganti, siamo sempre un passo avanti!” e il ritratto di Checche (con la fascia tricolore da sindaco) che Federico aveva dipinto e bramava di riprendere poiché i Sodali me l’avevano lasciato in ostaggio, per punirne l’assenza, l’anno precedente. Lo fecero presentandosi come Commendator Baluganti titolare dell’omonimo salumificio (Checche), e Direttore Marketing della stessa azienda (Tommaso), spiegando come il loro marchio fosse sponsor della “Bugìa”. Il 50° anniversario del salumificio e i floridi bilanci aziendali consentivano infatti quell’investimento mirato a lanciare l’ultimo prodotto, un minuscolo salume da viaggio per cui era stato coniato un altro orecchiabile slogan “Balugantino, il salame da taschino!”.
Il Commendator Baluganti (Checche) concluse il suo mendace intervento invitando gli astanti ad assaporare un pezzetto del prelibato e innovativo prodotto che il Responsabile Qualità, suo nipote Pierfrancesco (Stefano), continuava ad affettare, lasciando poi la parola allo scaltro Direttore Marketing (Tommaso) che completò la subdola enunciazione esortando a restituire, debitamente compilato entro mezz’ora, il questionario distribuito con gli assaggi, insolito lasciapassare per l’estrazione di un viaggio gratuito alla “Fiera Planetaria del Suino” di Sidney, nel settembre successivo. Il questionario prevedeva domande tipo “Conosci i salumi Baluganti?” “Li hai già acquistati, qualche volta?“ “Se sì, indica dove.” “Ti sono piaciuti?” “Li acquisti regolarmente?”. Il ritorno dei test fu sorprendente; quasi tutti risposero “sì” ai quesiti e, comunque, anche chi non aveva mai mangiato quegli esclusivi salumi “a pasta dura e a pasta morbida” li aveva visti nei più importanti supermercati. L’estrazione (affatto casuale) assegnò il viaggio a una signorina che aveva compilato il questionario con tutte risposte affermative, compresa quella di acquistare i salumi Baluganti al supermercato. Sul palco era visibilmente frastornata e con enorme imbarazzo rivelò una piccola titubanza “…a settembre però mi sposo, come faccio ad andarci sola?”; il Direttore Marketing (Tommaso) sorprese di nuovo tutti e cancellò l’impaccio del momento gridando raggiante “Allora i biglietti del viaggio saranno due!… Auguroni!”. Così, quando il fragoroso applauso liberatorio volò verso il cielo, il dubbio se quella ragazza si fosse furbescamente prestata all’infìdo inganno o se fosse veramente caduta nell’ingannevole gioco, l’avemmo solo noi. Avvalorarono l’impressione i tanti che, quella sera e la mattina successiva, si complimentarono con me per la festa ma, soprattutto, per il premio di quello sponsor inaspettatamente trovato. Chissà dove.
La presentazione del Salumificio Baluganti, sponsor della "Bugìa"
Gli assaggi, offerti dal Salumificio Baluganti e serviti da Stefano Caprina
Gli assaggi, offerti dal Salumificio Baluganti e serviti da Stefano Caprina
La voce del sorprendente omaggio corse veloce e, pur nelle calde ore del pomeriggio, in molti si accalcarono per assicurarsi, fra spintoni e gesti d’impazienza, l’inattesa degustazione a cui assistevano divertiti il Borzacchini, Federico e Checche. La festa ebbe inizio, procedendo fra frottole e premiazioni fin quando il presentatore chiamò Checche e Tommaso.
Era tutto combinato e loro entrarono in scena al momento in cui, sul palco dei bugiardi, apparve l’enorme manifesto che trionfalmente annunciava “Salumificio Baluganti, siamo sempre un passo avanti!” e il ritratto di Checche (con la fascia tricolore da sindaco) che Federico aveva dipinto e bramava di riprendere poiché i Sodali me l’avevano lasciato in ostaggio, per punirne l’assenza, l’anno precedente. Lo fecero presentandosi come Commendator Baluganti titolare dell’omonimo salumificio (Checche), e Direttore Marketing della stessa azienda (Tommaso), spiegando come il loro marchio fosse sponsor della “Bugìa”. Il 50° anniversario del salumificio e i floridi bilanci aziendali consentivano infatti quell’investimento mirato a lanciare l’ultimo prodotto, un minuscolo salume da viaggio per cui era stato coniato un altro orecchiabile slogan “Balugantino, il salame da taschino!”.
Il Commendator Baluganti (Checche) concluse il suo mendace intervento invitando gli astanti ad assaporare un pezzetto del prelibato e innovativo prodotto che il Responsabile Qualità, suo nipote Pierfrancesco (Stefano), continuava ad affettare, lasciando poi la parola allo scaltro Direttore Marketing (Tommaso) che completò la subdola enunciazione esortando a restituire, debitamente compilato entro mezz’ora, il questionario distribuito con gli assaggi, insolito lasciapassare per l’estrazione di un viaggio gratuito alla “Fiera Planetaria del Suino” di Sidney, nel settembre successivo. Il questionario prevedeva domande tipo “Conosci i salumi Baluganti?” “Li hai già acquistati, qualche volta?“ “Se sì, indica dove.” “Ti sono piaciuti?” “Li acquisti regolarmente?”. Il ritorno dei test fu sorprendente; quasi tutti risposero “sì” ai quesiti e, comunque, anche chi non aveva mai mangiato quegli esclusivi salumi “a pasta dura e a pasta morbida” li aveva visti nei più importanti supermercati. L’estrazione (affatto casuale) assegnò il viaggio a una signorina che aveva compilato il questionario con tutte risposte affermative, compresa quella di acquistare i salumi Baluganti al supermercato. Sul palco era visibilmente frastornata e con enorme imbarazzo rivelò una piccola titubanza “…a settembre però mi sposo, come faccio ad andarci sola?”; il Direttore Marketing (Tommaso) sorprese di nuovo tutti e cancellò l’impaccio del momento gridando raggiante “Allora i biglietti del viaggio saranno due!… Auguroni!”. Così, quando il fragoroso applauso liberatorio volò verso il cielo, il dubbio se quella ragazza si fosse furbescamente prestata all’infìdo inganno o se fosse veramente caduta nell’ingannevole gioco, l’avemmo solo noi. Avvalorarono l’impressione i tanti che, quella sera e la mattina successiva, si complimentarono con me per la festa ma, soprattutto, per il premio di quello sponsor inaspettatamente trovato. Chissà dove.
Poi, il Genio, tornò alle Piastre l’anno seguente…
Alla “Bugìa” del 2000 Checche non venne perché impegnato a Montenero in una processione solenne, a cui non avrebbe rinunciato per niente al mondo. La festa andò avanti fra frottole e premiazioni fin quando il presentatore, a un cenno convenuto, chiamò sul palco Tommaso che, di quella defezione, fece necessariamente virtù. Non indossava più il rigoroso completo grigio dell’anno precedente ma i pantaloni che gli avevo prestato per sostituire quelli corti, con cui era arrivato da Firenze; e aveva, soprattutto, un’evidente e mendace pena, a intristirgli il volto “Vi ricordate di me?...” esordì “…sono l’ex Direttore Marketing del Salumificio Baluganti…” poi, si soffermò con un cenno sconsolato, prima di continuare “…purtroppo, dico ex perché dopo esserci lasciati lo scorso anno, sono accadute tante cose e molto tristi. Il Balugantino, l’innovativo salamino da taschino, non ha avuto il successo sperato e gli investimenti fatti dall’azienda per lanciarlo sul mercato non hanno portato buoni risultati; anzi, hanno fatto precipitare il salumificio in una crisi così profonda che non si è più ripreso. Perciò, non abbiamo potuto regalare nemmeno il viaggio alla “Fiera Planetaria del Suino” di Sidney, ai due sposini; ma soprattutto, non è più con noi il Commendator Baluganti. Veder fallire l’azienda portata al successo con enormi sacrifici è stato un dispiacere talmente grande che il suo cuore non ha resistito al dolore e, purtroppo, è prematuramente scomparso…” si passò una mano sugli occhi, poi continuò “…pertanto, per onorarne la memoria vi chiedo un minuto di silenzioso raccoglimento”.
Il presentatore nascose a stento un sorriso traditore camuffandolo d’improvvisa tristezza e invitò gli spettatori a un doveroso pensiero per il generoso mecenate; io, furtivo, nel silenzio scorgevo occhi lucidi e qualche lacrima fugace a segnare la guancia di chi era oltremodo coinvolto nella paradossale situazione da funerale del Perozzi, in “Amici miei”. Poi, uno scrosciante applauso esortò Tommaso a continuare “Comunque, per dimostrare come la vicenda del salumificio Baluganti sia costantemente seguita, abbiamo il piacere di avere con noi il Curatore Fallimentare nominato dal Tribunale che invito, cortesemente, a salire sul palco…”.
Romano, l’elegante amico tipografo che un paio d’anni prima aveva pubblicato il mio libro era pronto, secondo copione, sulla scaletta e in un attimo raggiunse Tommaso che gli strinse la mano, lasciandogli la parola “L’ex Direttore Marketing ha già detto tutto. Aggiungo solo che il compito affidatomi è arduo e il mio ruolo così spiacevole che mai avrei voluto svolgerlo nel famoso Salumificio Baluganti. Comunque, tranquilli, ce la metterò tutta affinché si possa uscire da questa delicata situazione!”.
La fiduciosa ovazione per l’impeccabile e rassicurante figura in gessato scuro non si era ancora placata, quando Tommaso prese di nuovo il microfono “Prima di lasciarvi voglio solo aggiungere di aver così tanta fiducia nel Curatore Fallimentare che abbiamo pensato di ibernare la salma del Commendator Baluganti nelle ormai vuote celle frigorifere del salumificio. In tal modo, quando la scienza lo consentirà, potrà riprendere il suo posto, più forte e baldanzoso che mai…”. Il tripudio finale assunse i connotati del trionfo e i volti poco prima velati di tristezza, tornarono a risplendere nella gioia di uno speranzoso sorriso.
Dopo cena, i Sodali regalarono alla Bugìa l’ultima idea grandiosa. Nel trionfante abbandono di bottiglie vuote, stantìe bucce di cocomero e bicchieri riversi in tristi gocciolii, sparpagliarono sul tavolo i bozzetti di un’assurda segnaletica stradale nelle regolari forme “triangolare” (di pericolo) e “rettangolare” (di indicazione) da esporre sulla statale in mezzo al paese, l’edizione successiva.
Il presentatore nascose a stento un sorriso traditore camuffandolo d’improvvisa tristezza e invitò gli spettatori a un doveroso pensiero per il generoso mecenate; io, furtivo, nel silenzio scorgevo occhi lucidi e qualche lacrima fugace a segnare la guancia di chi era oltremodo coinvolto nella paradossale situazione da funerale del Perozzi, in “Amici miei”. Poi, uno scrosciante applauso esortò Tommaso a continuare “Comunque, per dimostrare come la vicenda del salumificio Baluganti sia costantemente seguita, abbiamo il piacere di avere con noi il Curatore Fallimentare nominato dal Tribunale che invito, cortesemente, a salire sul palco…”.
Romano, l’elegante amico tipografo che un paio d’anni prima aveva pubblicato il mio libro era pronto, secondo copione, sulla scaletta e in un attimo raggiunse Tommaso che gli strinse la mano, lasciandogli la parola “L’ex Direttore Marketing ha già detto tutto. Aggiungo solo che il compito affidatomi è arduo e il mio ruolo così spiacevole che mai avrei voluto svolgerlo nel famoso Salumificio Baluganti. Comunque, tranquilli, ce la metterò tutta affinché si possa uscire da questa delicata situazione!”.
La fiduciosa ovazione per l’impeccabile e rassicurante figura in gessato scuro non si era ancora placata, quando Tommaso prese di nuovo il microfono “Prima di lasciarvi voglio solo aggiungere di aver così tanta fiducia nel Curatore Fallimentare che abbiamo pensato di ibernare la salma del Commendator Baluganti nelle ormai vuote celle frigorifere del salumificio. In tal modo, quando la scienza lo consentirà, potrà riprendere il suo posto, più forte e baldanzoso che mai…”. Il tripudio finale assunse i connotati del trionfo e i volti poco prima velati di tristezza, tornarono a risplendere nella gioia di uno speranzoso sorriso.
Dopo cena, i Sodali regalarono alla Bugìa l’ultima idea grandiosa. Nel trionfante abbandono di bottiglie vuote, stantìe bucce di cocomero e bicchieri riversi in tristi gocciolii, sparpagliarono sul tavolo i bozzetti di un’assurda segnaletica stradale nelle regolari forme “triangolare” (di pericolo) e “rettangolare” (di indicazione) da esporre sulla statale in mezzo al paese, l’edizione successiva.
Nella prima serie comparivano i cartelli “Jene al pascolo”, “Attraversamento serpenti” e “Caduta orsi”, con l’annuncio accompagnato dalla sagoma di un orso sfracellato, dipinta sulla carreggiata. Il secondo gruppo prevedeva invece “Visitate le miniere d’oro”, “Città natale di Giuseppe Verdi”, “Provincia di Cuneo”, “Paese gemellato con Hong Kong”, “Qui c’è passato Gesù”, “Alt dogana” e un’inverosimile “Abitanti 1.305.426” con l’ultimo numero sbarrato e corretto in un 5, per un improvviso decesso. Ridemmo tutti, pregustando il disorientamento degli automobilisti nel trovare sulla via principale la segnaletica mendace mescolata a quella giusta, ma cosa pensarono veramente l’anno dopo, non lo sapemmo mai. Li vedemmo però sorridere, e a quelli che si fermarono a Le Piastre per chiedere informazioni sulle miniere d’oro fu risposto che erano abbandonate ormai da tempo; i più burloni posarono invece per una foto davanti a quei cartelli tanto beffardi da stimolare anche la fantasia di chi rubò quello “Visitate il lungomare” e l’altro vicino, triangolare di pericolo, che avvertiva la presenza di squali nel torrente sottostante.
Poi, il Genio non tornò più e (forse) lassù, qualcuno ancora l’aspetta.
Neanche i Sodali hanno mai dimenticato il Commendator Baluganti e un mese prima di lasciarci, il Borzacchini sentenziò “…una laurea doveva esser data a Francesco Genovesi (in arte Checche) che, insieme al Sodalizio Muschiato, inscenò la più saporita burla del Campionato della Bugìa d’ogni tempo! Grazie al Bartolini, fautore di questo e altri memorabili eventi… Orangina libera!!!”.
Senza più Giorgio né l’ebbrezza di un’altra finzione, quelle parole restano avvolte dal ricordo e dalla tristezza; tant’è che ho indugiato silenzioso al telefono, quando l’altra sera Stefano mi ha detto “…fra poco avrei chiamato Giorgio mettendolo al corrente della nostra chiacchierata. Avremmo parlato dei vecchi fasti della Bugìa finché, dopo essersi commosso un po’, mi avrebbe bruscamente interrotto dicendo «Ora levati di torno che ho da fare!», e io l’avrei amorevolmente congedato con un bel «Vaff…!». Poi, felice, mi sarei messo a bluffare un po' di lavoro.”
Senza più Giorgio né l’ebbrezza di un’altra finzione, quelle parole restano avvolte dal ricordo e dalla tristezza; tant’è che ho indugiato silenzioso al telefono, quando l’altra sera Stefano mi ha detto “…fra poco avrei chiamato Giorgio mettendolo al corrente della nostra chiacchierata. Avremmo parlato dei vecchi fasti della Bugìa finché, dopo essersi commosso un po’, mi avrebbe bruscamente interrotto dicendo «Ora levati di torno che ho da fare!», e io l’avrei amorevolmente congedato con un bel «Vaff…!». Poi, felice, mi sarei messo a bluffare un po' di lavoro.”
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