
Il "dialogo interreligioso" è sì una importante conquista socio-culturale, specialmente se fonda le proprie basi sulla conoscenza di culture e religioni diverse. Anche a partire dall'infanzia. D'altra parte lo sancisce anche la nostra Costituzione, all'art. 19, che recita testualmente: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume". (Vedi anche artt. 8 e 20)
Ma quello che è accaduto a Treviso in seguito alla visita organizzata di un gruppo di bambini a un centro islamico, secondo me, è andato oltre alla semplice conoscenza. Mi spiego meglio. Voglio dire che un conto è ascoltare le parole dell'imam che spiega la religione musulmana, anche togliendosi le scarpe per rispetto - noi, entrando in chiesa, forse non ci dobbiamo togliere il cappello? -, un altro però è permettere che dei bambini, cristiani fino a prova contraria, anche se non costretti si genuflettano. In direzione della Mecca o meno ha una importanza relativa.
Aggiungo che se l'imam avesse voluto documentare l'intero cerimoniale - intendo anche quello relativo alla genuflessione -, avrebbe potuto farlo vedere lui stesso, magari insieme a un "collega". Perché un conto è informare i bambini sulle religioni, un altro è renderli partecipi direttamente e anche emotivamente a un insieme di regole e rituali codificati che però non ci appartengono.
Allora, visto che si parla di "fraternità" e "dialogo interreligioso", mi aspetto che alla prossima visita di scolaresche musulmane in una chiesa cristiana ci si faccia il segno della Croce. E naturalmente, sempre nel rispetto del "dialogo interreligioso" e più in generale, che non si pretenda di togliere il crocifisso. Dovunque sia affisso, e soprattutto a scuola.
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