domenica 27 gennaio 2008

Casini a Palazzo dei Normanni


Totò Cannolo si è dimesso. Chi lo sostituirà nel gravoso incarico a Palazzo dei Normanni:
Ninuzzu Impanatiglia, o Calogero Pignolata?

venerdì 25 gennaio 2008

Campagna elettorale


Ho sognato che ero andato a votare. Ne avrei fatto volentieri a meno, ma dopo essermi abbuffato per giornate intere di opinioni altrui, dopo aver tirato tardi tutte le notti coi costanzi e coi mentana, dopo aver sentito i ferrara, i vespa porta-a-portér, i lerner e tutti gli aruspici in voga sui teleschermi nazionali e privati profondersi nei più variopinti e apodittici pensieri, anch’io, nel sogno, appecorandomi al volgo, mi ero oniricamente diretto alla vòlta dei seggi. A prima vista ero disorientato e non riuscivo a legger chiaro nel viluppo di stemmini e distintivi, coccarde e patacche, fregi e rosette, e tutto il resto degli iniziatici blasoni commissionari di camarille e movimenti, compresi i peristaltici... “Sarà, questa mia scelta, oggettivamente felice?” pensavo mestamente. “Le preferenze da me espresse, qual miserando e incasinatissimo elettore, apriranno finalmente nuovi orizzonti tra i fumi e le ceneri della Repubblica di sempre?” Infatti, giunto nello scomparto delle profezie elettorali, sprofondavo nella motriglia delle schede, sempre più numerose e policrome, cercando invano di liberarmi dagli intrighi del “Movimento dei Cercatori di Lumache”, dalle mene del “Partito dei Sofferenti di Colecisti”, affrancandomi con difficoltà dalle occhiate invitanti dell’”Associazione per i Diritti dell’Orso Dispeptico”. Poi, ricordando un favore che dovevo a un amico che aveva trovato un lavoro in nero a mio figlio, nonostante gli ammiccamenti dell’“Alleanza dei Mangiatori di Trippa del Sabato Sera”, mettevo una crocetta piccola piccola sul “Movimento per l’Evoluzione del Bigattino”. D’altronde anch’io, come l’”amico” procacciatore di lavori, sono un accanito pescatore e la salute di questa bianca, simpatica larvetta non può essermi indifferente! “Che sia un incubone pazzesco causato dalla frittata di cemento armato e salsiccia mangiata la sera prima?” pensavo nel dormiveglia. Mi giravo e rigiravo nel letto, sommerso da suini e acidi rigorghi, e nello stranguglione finale di un’apnea quasi mortale mi apparivano i soliti scenari post-elettorali, le solite losche coalizioni nelle quali ci si trastulla come con le figurine dei calciatori. Eccoli, i tavoli dei “progressisti”, dei “poli”, degli “ulivi”, dei “centri”, intorno ai quali si ruzzava in improbabili stabilità che avrebbero assicurato - questo è certo – ancora a tutti un posto al sole. Vedevo il perpetuarsi di untuosi tentativi di camuffamento dei ribaldi per un “nuovo” che nuovo non è; li vedevo, mentre facevano ricorso a equilibrismi matematici che si consumavano, come sempre, nelle logiche spartitorie delle comode poltrone di primissima fila. Le immaginavo, le personali e sempre più sfrenate mire dello strapagato popolo dei Culi Sudati; le ammucchiate elettorali succedersi in una sarabanda di alleanze fantasiose: un verminaio di centri che diventavano destre, dei centro-sinistra che mutavano in centri a sinistra dei centro-destra. Che incubo! Riuscirò a svegliarmi? Anche se le vigorose piallate dei giudici di “Mani pulite” avevano in qualche modo frantumato i malversatori, i camaleonti si erano presto trasformati in schegge politiche incapaci di governare il Paese. Che visione angosciosa e opprimente! “Vuoi vedere che ci continueranno a prendere tutti quanti per i fondelli?” pensavo. “E se gli esordienti rampichini delle “nuove proposte” fossero peggiori dei loro predecessori?” mi dicevo, nei tormenti del sogno da frittata. Eppure li avevo uditi, dai vespa, dai mentana, dai costanzi, dai ferrara e dai lerner, mentre si alternavano ai catodici consigli per gli acquisti. Li avevo uditi, nottetempo, frammisti a improbabili visioni di famiglie felici, di giardini fioriti, di stuoli di sorridenti vecchietti dalla non più ipertrofica prostata e dalle dentiere diamantine saldamente attaccate alla volta palatina, lieti per la guarita incontinenza alla tedesca e per la sicura addentatura alla francese, parlarci di pensioni, d’indulti e di bicamerali. Li avevo uditi, tra il frinire di allegre topine saltellanti sui materassi, sgambettanti sui campi di tennis e nelle palestre che, “anche in quei giorni particolari” di “flusso leggero”, si sentono tranquille perché “maxi” è più lungo e più largo. Ha le ali e, soprattutto, non fa male. Li avevo uditi, tra alcolizzati pescatori di campane e attempati meccanici di vecchi aeroplani sbiellati che salvano puledri sull’orlo di precipizÎ mentre fanno partorire la ciuca, parlare di pil e di competitività. Li avevo uditi, grufolare tra le miracolose ricette per un’Italia vincente e guarita, piena di bond argentini e di finanziarie, ma soprattutto europea. Affollatamente europea! Che apocalittica apparizione! Intanto (nel sogno?), il metamorfico debito-abisso pubblico cresceva quasi soffocandomi. L’ignobile retaggio di quell’inarrestabile virogenesi politica, resistente a qualsiasi vaccino, ed il cui vincitore era ancora una volta l’Equivoco, mi avviluppava tra le sue spire. “Altro che occupazione, altro che Maastricht, altro che risanamenti!” pensavo con crescente agitazione mentre mio figlio era già stato licenziato. Mi era venuta la bocca amara... mi sembrava di avere la lingua di cartone... 
Dovevo svegliarmi... ora... subito! È mai possibile che una frittata, anche se di cemento armato precompresso, sia la causa di tutto questo putiferio? Che siano state le cipolle? O la salsiccia? Ma poi, la frittatona, l’ho mangiata ieri sera... o, forse, non è stato per caso la sera prima? Ma sì, che scemo, l’avevo mangiata proprio due notti fa! Allora... vuoi vedere che sono sveglio?... Pensa un po’ che fregatura!
Francesco Dotti

domenica 13 gennaio 2008

DIVIDE ET IMPĔRA

in risposta al commento dell'amico Marco, da Dublino

Caro Marco, rispondo al tuo commento con un po' di ritardo perché desideravo farlo in maniera ponderata, partendo anche da alcune considerazioni che forse ti appariranno poco condivisibili.

La prima, riguarda le reazioni, sanguigne, che passano dal pensiero all'azione, della gente - tutta, ma quella di Napoli in particolare - che ha pagato e che continua a pagare (e non parlo solo della spazzatura) tasse e balzelli con la speranza, vana, di riceverne in cambio adeguati servizi e perciò si ribella. Infatti le si chiede di essere "solidale". Ma con chi? Con gli sperperatori del denaro pubblico? È dura da digerire, lo capisco. Grida allo scandalo, alla vergogna, ma non giustifica in alcun modo il vandalismo e le reazioni violente di alcune decine d'imbecilli dai quali la politica, e soprattutto i partiti, dovrebbero pubblicamente prendere le distanze.
La seconda considerazione è che il governatore Soru, prima di accettare la spazzatura napoletana, avrebbe dovuto informarsi se nell'isola esistono siti dove questi rifiuti possano essere riversati e smaltiti in sicurezza, senza danno per le popolazioni e il territorio. Se lo abbia fatto o no, è un fatto che riguarda la sua coscienza e la sua posizione politica. Allo stesso modo, prima ancora di assumere questa gravosa responsabilità, avrebbe dovuto consultare la giunta che presiede e sentire il parere delle comunità locali interessate da questo problema, ai quali, prima o poi, dovrà rispondere oggettivamente.
La terza, infine, riguarda i napoletani. Colpevoli, perché a torto o a ragione, per amore o per forza, per anni sono stati a guardare, spesso collusi coi responsabili di questa "emergenza" che ormai dura da troppo tempo. Salvando, naturalmente, quei napoletani onesti, nobili e perbene che usano l'arma della parola e del dissenso civile per ribellarsi. Ma che non bruciano i cassonetti e non tirano le pietre ai poliziotti e ai pompieri che fanno il loro dovere.
Vedi, caro Marco, sarà perché ho i capelli bianchi e qualcosa credo di averla imparata, ma credo che prima di tutto il nostro dovere sia quello di sentirci un solo popolo, senza distinzioni odiose di nord o di sud, di meridiani o paralleli. Ed è proprio in nome di questo senso dell'unità e della comune appartenenza, che i militari chiamano "spirito di corpo", che non ci possiamo tirare indietro. Napoli non è solo dei napoletani e basta. Napoli è anche nostra, di tutti quegli italiani onesti che, malgrado i governi e i loro politicanti, continuano a guardare ad un futuro migliore. O vogliamo essere sempre italiani "spaghetti, chitarra e mandolino"?
A questo proposito mi sento di aggiungere che è proprio la politica, nell'accezione più deteriore, che ci divide. Sono le stupide ideologie che vengono propalate per proselitismo e le loro strumentalizzazioni che vogliono queste differenze e queste divisioni. Per tenerci in pugno più facilmente e manovrarci come tanti burattini. "Divide et impĕra", te lo ricordi? Dividi e comanda. Quale mezzo migliore, infatti, per evitare che il popolo unisca le proprie energie e le proprie intelligenze contro chi lo governa, se non quello di seminare zizzania? Un esempio per tutti: la scuola. Guarda come l'hanno ridotta. Ci sono voluti degli anni, ma ce l'hanno fatta! Sono riusciti a creare, finalmente, una nuova genìa d'imbelli ignoranti, di "bamboccioni" teledipendenti e di aspiranti veline, pochi dei quali, stanne certo, al momento opportuno saranno capaci di tener loro testa. Con affetto
Francesco Dotti

martedì 8 gennaio 2008

Napoli: soldati e maghi



Napoli: dopo i soldati, adesso anche i maghi?

Nell'attesa che i soldati svolgano il compito loro richiesto, e cioè supplire al lavoro dei netturbini, il governo sta pensando di inviare nelle discariche campane il famoso mago di Collina (una piccola frazione sopra Pianura, costruita su un mucchio di ecoballe). In fondo, dicono a Roma, balla più balla meno, Napoli è ancora una città fortunata: dopo l'estrazione del biglietto vincente da 5 milioni di euri, il popolo partenopeo può contare anche sull'assegnazione di 4.500 tonnellate di spazzatura. Che non gli toglie nessuno.
Così, a tarda notte, mentre tutti i camorristi onesti ancora dormivano nelle discariche, il Ministero per i Cassonetti da Svuotare, d'accordo con la Commissione Intrallazzi & Refurtive, al grido: "Le scuole sono sacre, giù le mani dai congiuntivi!" ha chiesto aiuto a Rodrigo Belfigo, noto "La Fata", mago di Collina. 

L'iniquo figùro, veggente, occultista e Gran Paraculo Araldico di Sant'Eustacchio di Sotto, Erede Universale e Gran Tarallo dei Riti Incis & Iacp, iscritto all'Ordine del Gran Caracolo Alido di Alcatraz che, come dice il suo lungo curriculum, "mirabola & profetizza, elimina la forfora, calli, porri e anche il singhiozzo, e confeziona i segg. talismani: Ottangolo della Perfidia, Pentacolo Ermetico di Quasimodo, Scudo di Orion a Trazione Integrale, Pirofila Endotermica di Bantikus (ci viene buono il minestrone con le fave), Esoftalmo Dittico di Boris (con onice), Lapislazzuli di Lanzichenecco in Combriccola", ha garantito il suo aiuto. Col favore dei poteri divinatòrî che possiede e con i cinque milioni di euri della vincita alla lotteria, comodamente sdraiato al sole di un atollo delle Antille (o di un antillo delle Atolle), con un rito magnetoelastico, praticherà un tunnel sotto o' Vesuvio al cui interno teletrasporterà a' munnezza e la spedirà negli spazi siderali, oltre la magnetosfera.
Se non dovesse funzionare, ha aggiunto il maliardo, ci si potrebbero sempre tenere i topi, visto che non si sa più dove metterli.
(Napoli, n. c. Orlando Nefando)

lunedì 7 gennaio 2008

Napoli: emergenza rifiuti

A Napoli hanno mandato l'esercito. Dicono che abbia "la forza e l'immagine giusta per fare ciò che non sono riuscite a fare le amministrazioni".
Quindi, i soldati dovranno fare quanto non è stato fatto, non solo da Regione, Provincia e Comune, ma anche da quelle aziende incaricate da Regione, Provincia e Comune di raccogliere a' munnezza. E per il cui smaltimento i cittadini, in Campania, si dice che paghino le tasse più alte d'Italia.
Cercherò, se mi riesce, secondo la mia logica da illuso cronico, di capire come funziona questa storia dell'immondizia, e se qualcuno volesse correggere le mie traballanti e incerte riflessioni, per favore mi aiuti. Ma non mi racconti ecoballe.
Dunque, abbiamo detto che il cittadino paga questa tassa per lo smaltimento dei rifiuti (tecnicamente chiamata "Tarsu") alle amministrazioni locali, le quali danno in appalto il servizio alla ditta che se lo è aggiudicato. Tralascio, per ora, i termovalorizzatori, troppo complicati per liquidarli con quattro parole, e i siti di stoccaggio, la cui individuazione è soggetta, per legge, ad una serie d'indagini di carattere ambientale, e torno alla ditta che deve occuparsi della raccolta e dell'allontanamento dalla città dei rifiuti che produciamo. Ma aggiungo la separazione, tra loro, di questi rifiuti, a seconda della loro composizione, che in un paese civile dovrebbe essere la regola e non l'eccezione.
La regola: i nostri cittadini, orbene, escono di casa con i loro bravi sacchetti della spazzatura, già selezionata per componenti (differenziata), e in orario e giorno prestabiliti (cioè prima che passi il camion per il ritiro, e nel giorno fissato per il tipo di rifiuti da ritirare) li depositano negli appositi contenitori: vetro con vetro, carta con carta, umido con umido, plastica con plastica e così via. Intanto, per le strade delle nostre città ancora addormentate (come vedevamo un tempo, del resto), solerti netturbini, organizzati in squadre, si danno da fare per raccogliere tutto quello che non dovremmo gettare per terra: pacchetti vuoti di sigarette, cicche, barattoli e bottiglie vuoti, merde di cani, fazzolettini di carta e via elencando.
A questo punto, mi direte voi: "O Dotti, ma dove vivi: sulla luna?" Forse ci andrò...
Nel frattempo, i camion adibiti alla raccolta sono giunti in prossimità dei cassonetti dove abbiamo messo i nostri rifiuti. Li svuotano del loro contenuto, abbiamo visto già differenziato dai diligenti cittadini, e lo trasferiscono nella discarica. Quella regolarmente autorizzata, non quella della camorra. Per lo svolgimento di questo servizio, lo ripeto se non si fosse ancora capito, i cittadini pagano profumatamente la Tarsu.

Ora veniamo a Napoli: l'eccezione. A Napoli, come in ogni altra parte d'Italia, anche i napoletani escono di casa coi loro bravi sacchettini della spazzatura che, al contrario delle altre parti d'Italia, non è differenziata, e li depositano nel cassonetto che, sempre al contrario delle altre parti d'Italia, non viene però svuotato.
Il cassonetto in breve tempo si riempie, e la spazzatura piano piano si accumula tutt'intorno. Siccome nessuno di quelli che abbiamo pagato (e che mensilmente percepiscono uno stipendio) viene a portarla via, la spazzatura si ammucchia, si ammucchia, si ammucchia sempre di più e diventa la città di Napoli oggi: un cumulo di monnezza. Allora che si fa? Dato che non si possono obbligare con la forza i netturbini a fare il lavoro per il quale sono pagati perché sennò i sindacati di categoria si risentono, si chiamano i soldati - che sindacati non ne possono avere per contratto - e li si obbliga a fare il lavoro dei netturbini. Pagandoli anche meno.
E la monnezza? Dove la mettiamo, la monnezza? Ma nelle caserme, che diamine! Non sono forse state costruite per questo? Senza pensare che, non essendo idonee a sostenere un'emergenza del genere, così facendo si creano nuovi siti a rischio, altre "bombe ecologiche " a orologeria le quali, in seguito e con ulteriori costi aggiunti, si dovranno bonificare.
Se ci vuole l'esercito per svolgere quei compiti che invece spettano alle amministrazioni, allora cosa aspettiamo a eleggere una giunta militare? Mi è sfuggito qualcosa? Ditemelo, vi prego, non vorrei passare per cretino.

P.S. (aggiunto in data 27 gennaio 2008)
Le notizie, si sa, vanno e vengono. Così da un po' di tempo non si sente più parlare delle caserme dismesse come luogo per stoccare i rifiuti. Si dice che dovrebbe pensarci, dopo l'arcivescovo, un certo De Gennaro. Il sindaco Jervolino, stizzita per l'invasione di ruolo, ha redarguito l'alto prelato rammentandogli d'incaricarsi solo della salvezza delle anime ché a quella dei rifiuti avrebbe pensato chi di dovere (?). In compenso, però, si parla molto di cannoli e di casini in quel della Trinacria.
Francesco Dotti

sabato 5 gennaio 2008

Calendario Sardo 2008



... e questa è la copertina del mio calendario sardo del 2008

La Cina si avviCina

Finanziaria seria



Finalmente una finanziaria seria!!

Fuochi artificiali



Ogni anno è la solita storia: morti, feriti, storpi... ma si fa sempre troppo poco per evitare questa carneficina. In nome del divertimento a tutti i costi. E che costi! Sembrano le immagini che ci giungono dal Medioriente: con la gente che spara per le strade, che dà fuoco alle macchine e ai cassonetti per poi festeggiare un altro anno di merda! Senza contare anche l'odore acre della cordite, che ci ammorba l'aria che respiriamo. Però dobbiamo comprare la macchina "euro 4 o 5", per non inquinare. Ipocriti! Basterebbe proibirli tutti, gli scoppi.
Al pubblico, non si vendono più. Basta. Finito. Se ne consenta la vendita solo in occasioni particolari, e l'utilizzo esclusivamente da parte di personale specializzato. Tutto sotto controllo, come le sigarette quando escono dai depositi, con i camion tallonati dalla Guardia di Finanza. Chi viene beccato a vendere simili ordigni, si multa e gli si chiude il negozio. Quelli che li vendono per la strada, si arrestano e si mettono in galera. Da dove non usciranno se non dopo avere scontato la giusta pena. Se c'è dietro la camorra, si combatte con le leggi, che ci sono, e con l'esercito, se necessario. Ma non ci si convive, per poi stracciarsi le vesti piangendosi addosso. È vergognoso vedere prendere a sassate la polizia e i carabinieri. Certo, direte voi, che vivo nel paese dei sogni e che sono un povero illuso. Ma io, un paese migliore, continuerò sempre a sognarlo. Non me lo può impedire nessuno.
Intanto si proibisce il fumo nei giardini pubblici, mentre invece è consentito bruciare l'immondizia per le strade (è segno di ricchezza, dice De Crescenzo), e si continuano a pubblicizzare gli alcolici mentre gli ubriachi al volante si ammazzano tra loro o per conto terzi. E poi si scrive la cronaca e si continuano a riempire le pagine dei giornali e le "scalette" dei tiggì, piangendo lacrime di coccodrillo.
Perciò, guardiamoci bene nell'unico occhio che c'è rimasto: ma ne valeva proprio la pena, per festeggiare Capodanno, di rimanere un disgraziato per tutta la vita?
Francesco Dotti