domenica 28 giugno 2009

Penso positivo



Stamani, come del resto ho fatto anche ieri e l'altro ieri, non sono andato al mare. Ma anche prima dell'altro ieri non siamo andati al mare. E' da quando siamo rientrati da Cagliari che non andiamo al mare. Non mi andava proprio di fare la fila sui ponti interrotti, o lungo i percorsi obbligati e ad ostacoli creati per la realizzazione delle ultime rotatorie, e così, in attesa che un giorno o l'altro prenderemo la decisione di andarci alle sei di mattina, a questo benedetto mare, ho acceso il ventilatore e sono rimasto a casa. Ormai lo faccio da un po', e anche se ho un'artrosi eolica da ventilatore che mi ha quasi paralizzato il braccio destro (tanto, che mi frega: io sono mancino!), a casa mia sto bene e faccio quello che mi pare.
Mi sono seduto sul divano, circondato da penne e da libri, e dopo tre sigarette ho iniziato a pensare. Poi, di pensiero in pensiero, ho rivissuto i giorni trascorsi a Cagliari lontano dalle mie cose, lasciate a casa accatastate un po' dappertutto e frutto di anni di acquisti in nome del consumismo. Eppure, nonostante a Cagliari non avessi portato nulla di quelle cose, non ne sentivo la mancanza. Tutt'altro. A Cagliari mi è tornata la voglia di dipingere, di andare in giro senza meta per la città, e si è risvegliata in me quella curiosità che credevo perduta. Quella che, la mattina quando riapri gli occhi, ti fa vedere il giorno che inizia come uno completamente diverso e nuovo che ti spinge a saltare giù dal letto come quando avevi vent'anni. A Cagliari mi sono comprato una scatoletta di acquerelli, senza marca, qualche pennello a buon mercato - e pensare che a casa ne ho di tutti i tipi di pelo e di misura, alcuni addirittura mai usati - e un blocco di carta, anonimo anch'esso. Che emozione, ricominciare daccapo! E dal nulla, quasi. E poi, finalmente un tavolo libero: sul quale trovare immediatamente quello che occorre. Non come a casa mia, dove da tempo regna un disordine "stratificato". Infatti, nel mio, diciamo "studio", è accaduto come per la crosta terrestre: ci sono le ere geologiche. Dal periodo "Bozzettiàno" e "Disegnàno" (formazione e realizzazione delle prime idee), sono giunto all'"Oleìfero" e "Temperàssico" (prime composizioni a olio e a tempera), per transitare nell'"Acrilicocène Informale Superiore" e "Acquerelliano" (metamorfismo artistico a placche, con emersione finale delle acque). Tutti terminati nella formazione della definitiva "Crosta Tavolinica", cioè la già citata stratificazione di quanto venga quotidianamente appoggiato sui miei tavoli da lavoro.
Così capita spesso, purtroppo, che passi delle ore, se non delle intere giornate, prendendomela anche con quell'innocente di mia moglie, nella vana ricerca di qualcosa che "Elisaaa! Eppure lo avevo messo qua!". E la stessa cosa accade per i lavori "archiviati" col compiutero sulle centidecine di ciddì e divvuddì, che hanno saturato ogni anfratto dei miei scaffali.
Per non parlare di quelli "parcheggiati", prima della masterizzazione, sui ben quattro hard disk da svariati giga che la recente e progressiva caduta dei prezzi del mercato informatico, oltre all'invenzione della superfluocrazia, mi hanno fatto acquistare asservendomi all'aumento dei bisogni e favorendo la domanda interna. Ho tutto, continuavo a pensare, ma non sono felice. Perché? Forse, sono diventato superfluo anch'io? Intendo per me stesso. Ho l'armadio pieno di roba, tutta di poco valore, ma vesto sempre le solite cose. Lo stesso accade per le scarpe, quasi tutte acquistate dai cinesi ai saldi: neppure fossi un millepiedi. Addirittura ho due dentiere: non si sa mai, mi suggerì il mio odontotecnico di fiducia, metti che una ti si rompa prima di un incontro importante. Come faresti?
Così sono diventato eccedente, anche per me stesso. Gettare via tutto, quindi, e cambiare radicalmente vita, o gettarsi, insieme a i ciddì, ai divvuddì, alle dentiere e a tutto il resto?
Essere, o non essere: that is the question.
Francesco Dotti

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