Questa vecchia vaporiera di nome "Giara", che fu costruita nel 1914 dalle Officine Meccaniche Breda, forse, dovrebbe essere la R202.
E siccome fa caldo, le notizie politiche aumentano tale fastidio, si suda e ho poca voglia di lavorare, vi ripropongo questo vecchio post al quale sono particolarmente affezionato e che quasi certamente non ha mai visto nessuno... 😊
La Storia ci racconta che alcuni di questi modelli furono ceduti dall'Italia all'Etiopia per facilitare gli spostamenti del Negus Menelik, rimasto improvvisamente appiedato. Da indiscrezioni storiche apprese sul luogo, pare che la polizia locale dell'epoca, appartenente al nuovo protettorato italiano, lo avesse pizzicato fuori dall'oasi a bordo del suo cammello con la revisione scaduta e, oltre al camelide, gli avesse anche sequestrato il libretto... 😳
Per farselo ridare, e non pagare la multa, Menelik aveva dovuto chiedere aiuto a un faccendiere della zona amico dell'ambasciatore italiano ad Addis Abeba e conosciuto in Procura per una storia d'intercettazioni che non sto a raccontarvi per non farla troppo lunga. Anche se ci sarebbe molto da dire, ma per evitare controversie internazionali è meglio di no. L'intrallazzevole figùro promise tosto di aiutarlo, e gli avrebbe anche fissato un appuntamento col diplomatico se questi al momento non si fosse trovato in villeggiatura a Portorotondo dove possedeva una villa sul mare, e uno yacht di ottanta metri e mezzo ormeggiato in porto.
Così Menelik, con una lettera di presentazione firmata di proprio pugno dal maneggione, decise di fargli visita di persona e partì alla volta della Sardegna. Giunto in paese, chiese informazioni a un vigile urbano, tale Albenzio Addis di Buddusò, fu Arduino, il quale lo mise al corrente che l'ambasciatore ancora non si era visto ma che alla villa, però, era da qualche giorno arrivata Beba, sua sorella più piccola, con alcuni amici abissini amanti del wind surf e della bella vita. Siccome Menelik non poteva fermarsi per molto tempo, Addis si offrì di parlare personalmente con Beba e fattosi lasciare il numero di cellulare promise a Menelik che lo avrebbe richiamato al più presto.
Il Rais, che stava perdendo tempo e pazienza ed era già incazzato negus, anche se a malincuore acconsentì, ringraziò, salutò e prese il primo traghetto per Massaua delle 19:30 perché la mattina seguente avrebbe dovuto incontrare alcuni ministri italiani per una storia di accise sulla benzina e sulle clausole, per lui vessatorie, a proposito di un certo trattato di Uccialli che aveva firmato, ma che a freddo, a distanza di tempo, non reputava più tanto chiaro. Infatti, quei furbacchioni dei ministri, pensando di farla franca, avevano messo bianco su nero, invece che nero su bianco come secondo lui sarebbe stato più giusto.
Rientrato in patria, attese invano per mesi notizie dall'ambasciatore: "Mi ha cercato qualcuno?", chiedeva preoccupato quasi ogni giorno alla servitù, alla moglie Taitù e al nipote Iasù. "E' mai possibile che dopo un anno l'ambasciatore non si sia ancora fatto vivo?... Mi piacerebbe proprio sapere cosa le avrà mai detto Addis a Beba!"
Ma non lo seppe mai. E, con lui, anche noi... 😔
C'è da dire che ancora oggi, in ambito ferroviario isolano, le cose non sono migliorate di molto e chi è costretto a usare il treno lo fa più per spirito d'avventura che per necessità. E anche per farsi quattro risate. 😁
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