domenica 24 maggio 2015

Soffioni e fichi d'India


Ordunque, partiamo col dire che le giornate, anche in Sardegna, sono peggiorate e che, con le mezze stagioni, non ci sono più neppure i mesi di maggio di una volta. Detto ciò, e scusate se è poco, veniamo alle foto di stamattina e al solito giretto in bici che mi sono fatto prima di pranzo. Non vi dico dov'ero, perché dalle nuvole avrete di sicuro riconosciuto il posto, ma trovandomi lì e guardandomi intorno mi sono dovuto giocoforza arrangiare con quello che c'era. Delle nuvole, mi pare che ci sia poco da dire: ho aspettato che si sistemassero un po' e che disegnassero nel cielo quelle che secondo me potevano essere forme "interessanti", e poi ho scattato. Anche se avrei desiderato almeno un mesociclone, ma dato che dovevo rientrare per pranzo non potevo certo aspettare.


Questo, invece, è un soffione. Non è boracifero, come quelli di Larderello, ma è semplicemente l'infruttescenza del Tarassaco (o Dente di Leone, ascendente Cicoria) chiamata pappo. Che non è come la mamma, che ce n'è una sola. Di pappi, se uno va in giro a cercarli, se ne possono trovare anche a bizzeffe. Come a bizzeffe ci sono gli acheni per ciascun pappo, i quali, figli dei pappi, dopo aver chiesto il permesso al pappo, si sparpagliano in giro col vento e distribuiscono in giro i semi e i pericarpi. Tra questi ultimi il più conosciuto è Pericarpo Petrocchi che, separando la lingua viva da quella morta per eliminare i dialetti, come sapete tutti fu l'insigne autore di uno dei primissimi vocabolari della lingua Italiana. Ma cerchiamo di non allargarci troppo, altrimenti si perde il filo del discorso, e pur sapendo da dove si parte dopo viene difficile sapere dove si arriva.   


 Questo sotto, sempre appartenente alla famiglia dei soffioni, è invece un pappo più grande. Ma proprio perché ha gli acheni come il precedente, non ha niente a che vedere col pappone al quale avete pensato voi. Che invece ha le bagasce. Da cui il termine "mangiare a quattro bagasce", oppure "Attento! Ci sono le bagasce alla macchina!" (ndr)


Questi in basso, come tutti gli altri che seguono, sono dei normalissimi fichi d'India fioriti, usati in fitoterapia per molte cose che non sto qui a raccontarvi perché le sapete già. Addirittura pare che dai tempi degli Aztechi se uno si pigliava una storta lanciandosi col paracadute bastava che si avvolgesse un paio di foglie di questa miracolosa pianta intorno alla caviglia per guarire in pochissime ore. Era per togliere successivamente la foglia, ma soprattutto le spine, che gli infortunati erano costretti a recarsi in preghiera presso il tempio del dio Tezcatlipōca e di sua moglie Xochiquetzal (nota Samantha), ai quali dovevano sacrificare un amministratore di condominio in una notte di plenilunio sopra un altare di zirconio. Ma non mi fate perdere tempo con la Storia, ché ho altre cose più importanti da fare.  






Qui, almeno per stasera, termina la carrellata di foto che ho scattato per voi, cortesi Amici. Certo di avervi sollazzato assai con tali immagini, vi aspetto tutti la prossima volta e, al grido di "Che vinca il peggiore!" come ormai capita da qualche anno, vi auguro una felice votazione per il prossimo appuntamento elettorale.
Cerèa! 

8 commenti:

  1. Orpo, non sapevo che una pianta così brutta producesse fiori tanto belli!

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  2. Rieccomi caro Francesco dopo l'adunata di noi alpini.
    Vedo che ci fai vedere una bella carrellata di foto e dico molto belle, compimenti caro amico.
    Ciao e buona settimana sperando bene.
    Tomaso

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  3. Ti riferisci al pappo, al pappone (escludendo le bagasce) o al Fico d'India per i paracadutisti Aztechi?
    Bien tornée!

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  4. Caro Tomaso, mi sei mancato!
    Avrai fatto senz'altro una bella rimpatriata con i tuoi amici e colleghi Alpini, e dato che non tornavi più pensavo che ti avessero richiamato sul Piave! ☺
    Hai seguito la storia della Bandiera italiana a mezz'asta? Immagino che tra di voi ne abbiate parlato. Che ne pensi?
    Grazie per i complimenti, a presto e buona settimana,
    Francesco

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  5. Bandiera italiana a mezz'asta?
    Dove? Perché?

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  6. Bandiera: spiegata. Ma non ai... fratelli. Che non capirebbero.

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  7. Il fico d'India è davvero bello. Ma è anche utile. Qui in Sardegna usano le foglie (pale) come ciaspole quando nevica, perché si attaccano benissimo su qualsiasi tipo di scarpa. E anche alcuni pastori Aztechi che da anni vivono sulle montagne sarde e scendono a valle come quelli d'Abruzzo che lasciano gli stazzi e vanno verso il mare usando il deltaplano a spinta, quando si slogano le caviglie atterrando sulle sconnessure del terreno montàno anzichenò, usano fasciarsele strette strette con i cladodi senza togliere i calzini per almeno una settimana, secondo la ricetta.
    Quando uno s'informa fa sempre delle belle figure!
    Grazie molte e a presto risentirci.
    E un caro abbraccio,
    Fransuà (noto Jèssica)

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