lunedì 25 marzo 2013

Bersani: serve miracolo

Dunque, vediamo un po': la situazione è tragica (o tragicomica, secondo i punti di vista).
Bersani si trova di fronte a mille difficoltà: accontentare il pentastellato Grillo, smontare la baracca e andarsene a casa, oppure inventarsi lipperlì qualche miracolo, ammesso che gliene venga uno. Oppure potrebbe "aprire" al Cav tendendogli una mano, ma si dovrebbero limare certe pretese e certe proposte, alcune delle quali da ambo le parti indifendibili. 

Nel primo caso, escludendo un improbabile miracolo e mantenendo la baracca, Bersani potrebbe trovare un accordo col Movimento 5Stelle, magari non alla luce del sole, ma se poi si venisse a sapere crollerebbero tutte le promesse fatte da Grillo in campagna elettorale. E sai che figura?! Specialmente per la protesta sull'Alta Velocità in Val di Susa, la prima che mi viene in mente, appoggiata sia dai 5Stelle che da Sinistra Ecologia & Libertà, quest'ultimo alleato prezioso e irrinunciabile del Pd.
Nel secondo caso, cioè tendere una mano a Berlusconi (anche se nel Pd c'è qualcuno che invece di una mano gli darebbe volentieri una... manetta, pur di levarselo di torno una volta per tutte), tra gli ostacoli che si pongono - oltre alle solite vecchie ruggini e, non ultima, la notizia della condanna del senatore Dell'Utri  - c'è la presunta "incandidabilità" del Cav. In base all'art. 66 della Costituzione, infatti: "ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità". A questo punto bisogna dire che l'interpretazione di questo articolo (disciplinato anche dal D.P.R. n. 361 del 1957), se non affiancata dal giudizio di un giudice terzo, potrebbe cambiare col variare della maggioranza di governo lasciando il Parlamento unico elemento giudicante. Detto con parole mie, in conclusione, se Berlusconi non fosse stato candidabile in virtù di una legge, avrebbe dovuto NON esserlo fin dall'inizio della sua ascesa in politica. Ma non adesso, e solo adesso.
Perciò, considerando lo stato in cui versa il Paese e considerando probabile(?) un'apertura a "grandi intese" che vedrebbero Bersani premier e Alfano vice(?), una volta definiti i punti cruciali da affrontare per salvare il salvabile (tenendo conto anche dei suggerimenti del Movimento 5Stelle), riterrei più utile questa soluzione piuttosto che tornare a nuove elezioni. Soprattutto se prima non si cambia la legge elettorale. 

Inoltre, e per non dimenticare, tra un po' ci tocca la nuova Tares (tassa sui rifiuti e servizi comunali), la prima rata dell'Imu e l'aumento dell'Iva al 22%. 
In poche parole, per prima cosa giù le tasse! Perché con qualcuno degli otto punti bersaniani, per esempio "la riforma della politica e della vita pubblica", "il falso in bilancio e voto di scambio", "il conflitto d'interessi e doppi incarichi", "la banda larga", "la cancellazione delle Province e il dimezzamento dei parlamentari in Costituzione" e via dicendo, oltre a volerci molto tempo prima che si realizzino, gli Italiani non ci mangiano. E la fame incombe...

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