venerdì 17 ottobre 2008

Debito pubblico


Breve premessa:
dato che questo è il "mio" blog (per gentile concessione di Google, naturalmente), ogni
tanto mi capita di rileggere quello che scrivo. E a volte, si sa, preso dal vortice della polemica, mi lascio andare a qualche avventata dichiarazione. Poi, riflettendo, alla luce di quello che succede in ordine di tempo, mi sento obbligato a fare le debite correzioni. In questo caso, per esempio, ho aggiunto due righe sull'operato del ministro Brunetta che vi pregherei di leggere.
Grazie.


Debito pubblico sì, ma non solo. Mi riferisco agli interessanti servizi andati in onda giovedì sera nel corso della trasmissione "Porta a Porta". In uno di questi, Bruno Vespa ci ha mostrato uno spaccato sulle vergognose - per usare un eufemismo - condizioni di alcuni uffici pubblici partenopei, probabilmente comuni ad altri nel nostro Paese. Tra gli ospiti della trasmissione c'era anche il ministro Renato Brunetta, uno dei pochi parlamentari che si applicano seriamente per tentare di riformare la pubblica amministrazione.
In questo Paese, a iniziare da me quando lavoravo, si è pensato soprattutto a salvaguardare alcuni privilegi corporativi pensando che la "Grande Puppa", alla quale siamo rimasti attaccati a ciucciare
per anni, dovesse dare latte in eterno.
Oggi, che il latte è finito e ci toccano i surrogati, ci dobbiamo solo battere il petto. Dovevamo e, soprattutto, "dovevano" pensarci prima coloro che in cambio di qualche voto in più queste vergogne le hanno ammesse e tollerate.
Perciò, bravo ministro Brunetta! Continui così perché sta andando bene e se io potessi, mi creda, le darei volentieri una mano.
A patto, però, che vada a frugare anche dalle parti di qualche ministero, di qualche provincia e dia finalmente inizio ad un energico e radicale sfoltimento degli Enti inutili. Perché le promesse, se fatte, devono anche essere mantenute. O no?
Gli altri, intendo quelli che abbiamo eletto e che più o meno degnamente scaldano gli scanni governativi, si diano una mossa e si mettano a lavorare, seriamente.
Altrimenti vi licenziamo tutti in tronco come si fa coi fannulloni.

Francesco Dotti

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