giovedì 14 luglio 2011

Patto di stabilità

L'altra mattina, mentre gironzolavo senza mèta per la città alla ricerca di un po' di fresco, ho visto seduto su una panchina all'ombra di un carrubo un vecchio collega di lavoro che non incontravo da almeno vent'anni.
«Càspita, com'è invecchiato!», ho pensato per un attimo, riflettendo però immediatamente che anch'io gli avrei fatto la stessa impressione.
«Ciao Roberto, ti ricordi di me?», gli ho chiesto andando verso di lui con la mano tesa al saluto. E' rimasto per un attimo a pensare, poi mi ha chiesto di rimando: 
«Ma tu sei Dotti, quello che lavorava in Sala motori! Accidenti, se non fosse stato per la voce non ti avrei riconosciuto! Ma lo sai che sei invecchiato? Hai perso quasi tutti i capelli... sei pieno di rughe..
«Basta così, Roberto!», l'ho subito interrotto. «Anche tu, in fatto di capelli e di rughe non scherzi! E poi, dimmi se sbaglio, ti ricordavo anche più magro... Hai una pancia! Ma che ti è successo?»
Così mi ha raccontato dell'operazione al fegato, dei calcoli renali, di una cataratta che lo aveva quasi reso cieco, ma che ora, dopo un difficile intervento al cristallino, riesce a leggere anche le postille sui contratti dell'assicurazione, e infine dell'artrosi e della prostata che non gli danno tregua.
«Figurati che la notte mi sveglio per i dolori alle spalle e poi devo correre in bagno a svuotare la vescica perché sembra che mi scoppi. Torno a letto, dove mi rigiro per almeno mezz'ora leggendo le postille dell'assicurazione per riprendere sonno, e dopo un po' sono di nuovo in piedi per andare in bagno a fare pipì e subito mi torna il dolore alle spalle. Tutta la notte così! Avanti e indietro dalla camera al bagno, e la mattina mi sento uno straccio. Anche se ora conosco a memoria le postille dell'assicurazione, non ce la faccio più!»
Così, di dolore in dolore, ci siamo raccontati tutti i nostri acciacchi. Per consolarlo un po' gli ho detto che anch'io non me la passo tanto bene. Che ho la dentiera per colpa della piorrea, e che anche a me la prostata comincia a darmi qualche fastidio; che anch'io ero stato operato: prima di un'ernia, poi a un menisco, aggiungendo anche l'appendicite per farlo più contento, e che le postille dell'assicurazione non riesco a leggerle neppure con gli occhiali, annacquando le nostre pene con un tuffo ai "bei tempi" delle nostre avventure, quando uscivamo insieme dopo il servizio. Fino a quando il discorso si è spostato inevitabimente prima sulla pensione: «Sei andato con la massima? quanto ti danno? fai un altro lavoro? riesci ad arrivare a fine mese? hai l'esenzione per i ticket? », e poi sulla famiglia: «Quanti figli hai, se studiano o lavorano, se sono ancora a casa, tua moglie cosa fa: lavora, è casalinga, o è solo disperata?»
Poi, abbassando la voce quasi per non farsi sentire, anche se eravamo soli, Roberto mi ha confidato che l'altra sera, dopo cena, hanno fatto una bella riunione di famiglia. Si sono seduti tutti attorno al tavolo, si sono guardati per una decina di minuti negli occhi e poi lui ha detto che a quel punto era imperativo fare qualcosa per tentare di superare questa crisi.
Che i momenti difficili certe volte si superano partendo proprio dalla famiglia e che tanto, se aspettiamo che a farlo siano quelli che ci governano, siamo praticamente fottuti! Quelli pensano solo a se stessi!
«Le nostre pensioni, caro Cecco, sono diventate come le "mezze stagioni": non sono più quelle di una volta e non bastano più per tirare avanti. Mia moglie - la Pina, te la ricordi? -, che quando ci siamo sposati faceva l'insegnante, quando nacque il primo figlio, Maurizio, decise di rimanere a casa per accudirlo. Poi, tre anni più tardi, al mio ritorno dalla missione in Libano nacque Eleonora. Così, dopo qualche supplenza qua e là, la Pina abbandonò del tutto l'insegnamento per dedicarsi interamente alla famiglia. 
Risultato? Eccolo qua, il risultato: Maurizio, laureato in lettere a pieni voti, ancora oggi è disoccupato part-time. In pratica, una settimana non lavora di mattina e sta in casa tutto il pomeriggio, e la settimana dopo passa tutta la mattina in casa e non lavora di pomeriggio. Dice che vorrebbe fare il ricercatore, e che intanto prova con un impiego. Che è pur sempre ricerca, dice lui. 
Ha spedito curricula dappertutto, ma senza risultato. Gli dicono che terranno in considerazione le sue richieste, ma che per colpa del "patto di stabilità", dello spread, del Nasdaq e delle accise sulla benzina, c'è poco da sperare. Il lavoro, in generale, manca per tutti. Ci sono pochi soldi in giro e anche la gente spende di meno. Non penseranno mica di togliere qualche privilegio ai ministri? Poveracci, ci hanno messo così tanto per ottenerli... anni di sagrifizî, di privazioni e privative che neanche a pensarci! Sarebbe un esproprio proletario, quasi da Rivoluzione Francese! Impopolare, imprevedibile, irrealizzabile. Almeno da noi. 
E poi dicono che bisogna aumentare i consumi. Sì, delle suole delle scarpe per andare in giro a cercare un lavoro! Meno male che Eleonora è stata più fortunata. Ti ricordi che le piacevano le lingue straniere? Ebbene, dopo il diploma è partita per l'Inghilterra, dove ha fatto mille mestieri - tutti onesti, per carità! - per mantenersi agli studi, e dopo anni di sacrifici ha ottenuto un sacco di qualifiche, comprese quelle rilasciate ad Oxford - mica a Garbagnate di Sotto! -  per poter insegnare l'Inglese. 
Ma non nelle scuole della Repubblica Italiana. Per insegnare, da noi, bisogna essere per forza di madrelingua - o di padre ignoto - anche se parli inglese come uno scaricatore del porto di Liverpool bocciato alla Junior School, stage two. Queste sono le leggi ministeriali, e questo dicono. 
Così, facendo appello alla cocciutaggine che le deriva dal suo carattere, Eleonora non si è data per vinta e anche lei ha cominciato a spedire curricula dappertutto, fino a quando non è riuscita a realizzare il suo sogno: insegnare l'inglese!
Ora devi sapere, caro Cecco, che tempo fa la Regione Sardegna aveva messo a disposizione dei fondi della Comunità europea per diffondere la conoscenza della lingua inglese nell'Isola attraverso il vasto programma offerto da "Sardegna Speaks English".  
In pratica, questi fondi  - chiamati "Fondi strutturali" - dovevano servire a finanziare l'intero progetto. Purtroppo, a causa del famigerato "patto di stabilità" che mette dei limiti all'indebitamento delle Pubbliche Amministrazioni (Regioni e Enti locali), pare che la Regione Sardegna non sia in grado di pagare "Sardegna Speaks English", la quale, a sua volta, non ha i soldi per pagare Eleonora che nel frattempo aveva lavorato a contratto come insegnante d'inglese proprio per questi corsi. E' quasi una beffa, ma è così.
Quindi, tornando alla riunione di famiglia dell'altra sera, mi è venuta un'idea.
Mettiamo il caso che io sia la Regione Sardegna e che i miei "Fondi strutturali" siano la mia pensione, per mettere dei limiti al mio futuro indebitamento ho pensato di fare anch'io un "patto di stabilità".
Così, dal mese prossimo, non pagherò più il condominio e neppure il meccanico che mi ha revisionato la macchina. Che ne pensi: potrebbe essere un'idea?
»
Francesco Dotti

4 commenti:

  1. un ottima idea per finire all'ospedale con la chiave inglese del meccanico infilata dove non batte il sole.......con il condominio forse te la cavi:-))

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  2. Povero meccanico...
    Non sarebbe meglio pagare il meccanico,ma non dare neanche un soldo al dentista?

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  3. Cribbio! Lo sai che hai ragione?
    Mi ero completamente scordato del dentista...
    Allora, d'accordo: pagherò il meccanico, ma non darò un euro al dentista. Tanto, non mi ha mai fatto neppure la ricevuta fiscale!
    Ciao Costantino

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