domenica 2 giugno 2013

Governo e riforme


La "rapina" del finanziamento pubblico ai partiti continua. Questa volta, se sarà approvato l'imbroglio (nel 2017, però!), la somma verrà versata direttamente dai contribuenti con la dichiarazione dei redditi in ragione del 2 per mille. Chi non vorrà destinarla ai partiti, invece, potrà devolverla allo Stato. Ma se tutti i contribuenti decidessero per la prima soluzione, la stima degli incassi per i partiti sarebbe di circa 800 milioni di euri. 
Una bella sommetta, nonostante le garanzie dell'esistenza di un tetto massimo stabilito in 61 milioni di euri. Mica noccioline!
Anche se noi, gli elettori, avessimo già detto di NO al referendum del 1993; mentre quello successivo del 2000 (abolizione dei rimborsi per le spese elettorali ecc.) non passò perché non fu raggiunto il numero sufficiente degli aventi diritto al voto. In pratica, la gente, che evidentemente si era già rotta le palle visti i risultati del primo, al secondo referendum non andò a votare. Per non parlare poi delle "fondazioni politiche" (talmente tante da non conoscerne neppure il numero esatto, e controllate da banche, petrolieri, manager e altre lobbies che farebbero capo a partiti e capipartito) per le quali, a differenza di altri Paesi  dove subiscono controlli da parte delle rispettive Corti dei Conti, da noi, com'era facile prevedere, s'invoca l'anonimato.


Poi c'è la legge elettorale. E anche questa non è chiaro se cambierà, quando e come. Non è, per caso, che il governo Letta - che sarebbe dovuto essere il migliore di tutti e che avrebbe dovuto salvare l'Italia - alla fine si sta dimostrando come tutti gli altri?
 

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