mercoledì 6 novembre 2013

Lucca Comics 2013


Dice: "Vieni a Lucca Comics, lì incontrerai il mondo intero e forse anche di più!" E in effetti è stato proprio così: nella "longobarda" Lucca, dal 31 ottobre al 3 novembre, c'era il mondo intero! Me ne sono accorto il primo giorno, quello dell'inaugurazione, quando, venendo da Livorno, nella corsia opposta alla mia l'autostrada era bloccata per diversi chilometri da un lombricone luccicante di cofani e parafanghi che procedeva, quando procedeva, forse un metro ogni dieci minuti. 
Una cosa mai vista! E ancora non avevo idea di cosa sarebbe stata, nei giorni a seguire, la manifestazione vera e propria dei "Comics and Games" da me vissuta a piedi all'interno delle sue mura. Una città molto bella, Lucca, che da "cattivo" toscano non conosco perché c'ero stato solo di passaggio da ragazzo, tanti anni fa. E che purtroppo non ho potuto conoscere neppure questa volta, perché troppo breve la vacanza e troppo affollate le viuzze del suo medievale e quasi intatto centro storico. Poco meno di 90 mila i suoi abitanti, in quei giorni Lucca ne ha accolti oltre 100 mila! Una marea di gente, tra la quale spiccavano, qua e là, gruppi di ragazzi e ragazze agghindati coi costumi più strani ispirati a noti personaggi dei fumetti, dei quali assumevano fedelmente gli atteggiamenti e i modi di agire. Dice che si chiamano "cosplayer", e cosa vuol dire l'ho saputo solo dopo che me l'hanno spiegato.


 Avrei voluto scattare tante foto, ma alla fine, oltre a tre "cosplayers" vestiti-da-non-so-chi, ho potuto immortalare solo la chiesa di San Michele in Foro, e solo dall'esterno perché a quell'ora era ancora chiusa. Peccato.



Il viaggio, per me che venivo dalla "placida" Sardegna e poco abituato a svincoli, bretelle, varchi aperti e/o chiusi al traffico locale o extracittadino, non è stato facile. Ricordavo, sì, la vecchia Aurelia, ma negli anni, in tutti quelli durante i quali sono stato "assente", molti sono stati i cambiamenti. Dei quali, tra l'altro, nel frattempo nessuno mi aveva mai informato. E così, seguendo quelle indicazioni a me più familiari, imboccavo una bretella che inizialmente indicava la mia destinazione: Lucca, per poi trovarmi, dopo alcuni chilometri percorsi quasi alla cieca, davanti a cartelli dai quali Lucca era sparita e che al suo posto indicavano, che so, Ripafratta, Giannone o San Lorenzo in Vaccoli, per poi terminare nel vago... "Tutte le direzioni". E Lucca? mi chiedevo, che fine ha fatto Lucca? Naturalmente non c'era modo, come tanti anni prima, d'invertire la marcia magari trovando una piazzola, aspettare il momento buono e tornare indietro. Macché! Prigioniero di guard-rail e barriere spartitraffico, pressato dalle colonne di auto dietro e davanti a me, ero costretto a proseguire fino al prossimo svincolo indicante, appunto, Ripafratta o San Lorenzo in Vaccoli, senza sapere se stavo andando verso Lucca o chissadove! Alla fine, mi sono ritrovato sulla Roma-Genova, all'altezza di Viareggio Nord. Che c'entra Viareggio Nord?... Si vede che mi sono perso qualche deviazione... E ora? Come faccio?... Vorrà dire che proseguo per Ripafratta e prima o poi incontrerò anche Lucca! E invece no. Immancabile, ariecco l'incubo del "Tutte le direzioni"!  Ma accidenti a voi! Che vuol dire "Tutte le direzioni"? Perché su quel cazzo di cartello invece non ci scrivete Lucca, o Montecatini, o Pistoia, così almeno so da che parte sto andando! Pensate che a forza di girare in tondo mi sono ritrovato a passare almeno tre volte dal solito posto, e addirittura mi sono rivisto sul cavalcavia opposto mentre, con lo sguardo perso nel vuoto, lo attraversavo imprecando. Ho riconosciuto la macchina: era proprio la mia! Finché non mi sono deciso a chiedere indicazioni a un venditore di frutta e verdura che mi ha spiegato la strada indirizzandomi finalmente su quella giusta. Più lunga, ma giusta. Stanco e affamato, dopo quattro ore di viaggio durante le quali avevo sì e no percorso appena un centinaio di chilometri, sono giunto alla periferia di Lucca. Troppo tardi per presentarmi all'Editore, per di più con la macchina piena di bagagli che non sapevo dove parcheggiare, ho deciso che avrei prima fatto tappa in albergo per annunciare il mio arrivo, prendere possesso della camera, darmi una rinfrescata e almeno rifocillarmi con un frugale pasto. A Lucca sarei andato nel pomeriggio, e in treno come mi avevano consigliato di fare. Dice che col treno si viaggia meglio: fai il biglietto, lo obliteri e poi ti metti comodamente a sedere fino all'arrivo. Giusto. In condizioni normali, forse, ma non in occasione di Lucca Comics! Senza contare che la stazione dista dall'albergo almeno una chilometrata, che mi sono dovuto fare a piedi con lo zaino sulle spalle e portandomi dietro "qualcosa" da mettermi la sera, al ritorno, perché mi avevano detto che "da quelle parti la sera rinfresca e cala l'umidità". Sono arrivato alla stazione sudato come un cammello, con lo zaino sul petto perché mi avevano detto "stai attento ché se lo porti sulle spalle te lo possono aprire e fregarti la roba, mentre invece se lo tieni davanti te ne accorgi", e ho fatto i biglietti. 

Montecatini Terme, la Stazione ferroviaria

Partenza 17:01 dal binario 2, regionale 3072 proveniente da Firenze per Lucca. Ferma a Montecatini Centro, Pescia, Altopascio e arriva a Lucca alle 17:29. Ma alla stazione di Montecatini Terme, alle 17:01, al binario 2, c'erano tutti. Mancavano solo il sagrestano e il commissario e, anche se non avevano gli occhi rossi e il cappello in mano, gli altri, festosi e urlanti, cosplayers compresi, c'erano tutti. L'assalto al treno è durato qualche minuto, ma poi, dopo i primi attimi di smarrimento, sono riuscito a trovare un posto a sedere. Che culo! ho pensato, se è sempre così nei prossimi giorni viaggerò di lusso! 
All'arrivo, la stazione di Lucca brulicava di ragazzi che andavano e venivano, ma fuori era peggio. I giardini all'esterno delle mura erano letteralmente circondati: un viavai di persone di tutte le etnie si snodava tra venditori di panini con la porchetta e le bibite, vivandiere improvvisate su banchetti dove giacevano salme di vettovaglie varie, e poi tanti palloncini e magliette multicolori. 
Sembrava l'assedio dei Goti del Quattrocento! Ma era un assedio ordinato, e soprattutto educato, nel rispetto di tutto e di tutti. Bravi ragazzi!


Con incredibile facilità mi sono fatto largo tra quella fiumana di gente e, dopo aver chiesto informazioni a un Capitan Harlock (o era Tadashi Dayo?) in posa per una foto, mi sono diretto verso lo stand del mio Editore che mi stava aspettando. 

 In primo piano, a sinistra, i miei libri; a destra, l'Autore Carlo Rispoli al lavoro

Intorno a me un serpentone di giovani e meno giovani espertissimi di fumetti e grafica d'animazione girava tra gli stand osservando tutto il materiale esposto con occhio attento e interessatissimi  a ciò che gli Autori disegnavano sulle dediche, mentre impreziosivano il loro lavoro con sapienti colpi di pennello e pennarelli colorati! 


Per un attimo mi sono sentito fuori posto. Che ci faccio, io, che ho quasi settant'anni, disegnatore di vignette e acquerellucci part-time, in mezzo a sceneggiatori e artisti di cotanto valore? Che mi abbiano invitato per sbaglio? 
Ma poi mi sono fatto coraggio, mi sono seduto davanti al mio deschetto ricavato tra le pile di libri di Vianello, Casini, Rispoli, Pace, e poi ancora Dobs, Pezzi e Perovic in esposizione e, non senza imbarazzo e con molta esitazione, ho fatto le mie prime dediche. Bruttine, a dire il vero, e a matita, perché lipperlì non mi veniva alcunché di originale, ma soprattutto perché avevo paura di "rovinare" il libro appena acquistato. D'altra parte, quali personaggi avrei potuto disegnare? Così ho disegnato me stesso a Lucca Comics, aggiungendo le solite frasi "a Marisa, con stima e simpatia, Francesco", "a Ubaldo, con simpatia e stima, Francesco", più qualche improponibile "a Ugo e Ornella, con simpatica stima, ambedue stimandoli simpaticamente, Francesco".


Dopo un'ora me ne sono tornato in albergo, passando per la stazione con le lacrime agli occhi, ancora più sudato che alla partenza e con lo zaino pieno di giubbini e maglioni inutili perché contrariamente alle previsioni e ai consigli a Lucca, di sera, faceva ancora caldo. Rientrando, immerso nei miei pensieri, mi sono dimenticato di scendere alla mia fermata e sono sceso a quella dopo: Serravalle. Che se di mattina o di pomeriggio, col sole che splende sulla vallata, può risultare un gradevole diversivo turistico, di notte, al buio, con la piccola stazioncina chiusa e illuminata da un flebile lampione, mi sembrava di essere precipitato sul set di "Non ci resta che piangere" (appunto). Ogni tanto, e chissà per chi dato che c'ero solo io, una voce registrata diceva di "allontanarsi dalla linea gialla: treno in transito al binario 2!" Perché se non lo sapete a Serravalle ci sono due binari: il binario 1, mezzo arrugginito e con l'erba alta un palmo, dal quale non passano più treni almeno dall'ultima guerra; e il binario 2, più trafficato e con la "linea gialla", sul quale, mezzora dopo, immaginandolo pilotato da Leonardo Da Vinci che diceva "Treno... trentatré, trentatré e trentatré...", è arrivato finalmente quello che avrebbe riportato le mie stanche membra a Montecatini. Giunto in albergo, dopo aver cenato con il solito cornetto e cappuccino, mi sono concesso un meritato sonno ristoratore.
Il giorno dopo, però nel tardo pomeriggio, sono tornato a Lucca. Stesso tragitto, stessa fiumana di gente sul treno, ma con la differenza che stavolta alla stazione di Lucca, in attesa di salire sul treno dal quale stavo per scendere, c'erano a dir poco un migliaio di persone! Dove stessero andando ancora non lo so, fatto sta che appena si sono aperte le porte, prima ancora che iniziassimo a scendere, c'è stato l'assalto alla baionetta! Sembrava la presa di Porta Pia!

A un certo punto non si andava né avanti né indietro, poi, come sospinto da una forza misteriosa, mi sono trovato giù dal predellino. Ma non con i piedi per terra. Per qualche secondo sono rimasto sospeso a mezz'aria, strizzato tra quelli che premevano per scendere e gli altri che premevano per salire, e poi sono finalmente atterrato. Mai provata una sensazione simile! 
Arrivato allo stand che era quasi buio, alla firma della prima dedica mi sono accorto che nella calca ferroviaria mi avevano letteralmente "stirato" le stanghette degli occhiali (che incautamente portavo appesi alla cordicella sul petto) al livello delle lenti, e ho faticato non poco per riportarle nella posizione naturale.

Lo stand di "Segni d'Autore", con Carlo Rispoli all'opera 
Lì, finalmente ho potuto riabbracciare dopo tanti anni l'amico Lele Vianello, arrivato nel pomeriggio, e dopo un'oretta, caricati nello zaino alcuni libri sui quali avrei dovuto liberamente disegnare delle dediche "generiche", me ne sono andato via. 


 Lele Vianello al lavoro e, dietro di lui, a destra, Manuel Pace

Molto, ma mooolto brevemente, le opere degli Autori

Dovevo prendere almeno il treno delle 20:39, un diretto, perché quello successivo si sarebbe fermato a tutte le stazioni e ci avrebbe messo almeno un'ora. Giunto alla stazione, però, mi attendeva un'amara sospresa: il "mio" treno, che era già al binario 5 pronto per partire, non si poteva raggiungere perché il sottopassaggio era bloccato per motivi di sicurezza. Per raggiungere il binario saremmo dovuti uscire di nuovo dalla stazione, percorrerla all'esterno lungo la Via Cavour per almeno 200 metri, fino ad arrivare al cavalcaferrovia che ci avrebbe traslati dalla parte opposta. Così, zaino in spalla carico di libri, di maglioni e di giubbotti "perché di sera a Lucca fa freddo e cala l'umidità", salendo e scendendo dal cavalcaferrovia, sudato come due cammelli alla sauna di El Guesbah, sono arrivato dall'altra parte dove i guai dovevano ancora cominciare. Una fila di qualche centinaio di ragazzi, anch'essi destinati al treno che avrei dovuto prendere e incanalati in un percorso transennato e guardato a vista da un cordone di poliziotti, addetti alla Protezione Civile e Croce Rossa, erano in attesa dell'imbarco. 
Nel frattempo il treno delle 20:39 era partito e avremmo dovuto aspettare quello successivo, il "maledetto" accelerato delle 21:31. Avevo le gambe che mi facevano male e i piedi gonfi, lo zaino che pesava sempre di più e che non potevo neppure appoggiare per terra perché non c'era spazio sufficiente tanto ero compresso in mezzo agli... "incanalati". Ogni tanto qualcuno, credendo di fare il furbetto della transennina, la scavalcava per eludere la fila ma veniva subito riacchiappato dai valenti poliziotti e costretto a rimettersi in coda. Trascorso un tempo interminabile durante il quale avevo quasi in mente di rientrare in tassì, il serpentone ha cominciato a muoversi. Quando ho mosso i primi passi sembrava che avessi imparato a camminare il giorno prima: "Avanti i primi venti!", gridava intanto una voce dall'inizio della fila mentre il serpentone procedeva lentamente. "Avanti altri venti!", ripeteva di tanto in tanto la voce. Insomma, a venti alla volta, siamo finalmente giunti in vista del treno che ci stava aspettando al binario 5. "Riempite le carrozze di testa, perché le altre sono già piene!", gridava la solita voce. "E non affollate lo spazio tra una carrozza e l'altra!", soggiungeva perentoriamente. Come in un sogno sono salito su una delle carrozze di testa e mi sono messo accanto a una delle due porte: "Almeno qui passa un po' d'aria", ho pensato. Dopo un po', pieno come un uovo con tre tuorli, il treno ha cominciato lentamente a muoversi. Intorno a me intanto si affollavano i ragazzi che dalle carrozze vicine si spostavano in cerca di quello spazio che ormai non c'era più per nessuno. A un certo punto, a meno di venti centimetri dal mio naso, si è girata verso di me una ragazza: "Scusi, questo treno ferma ad Altopascio?", mi ha chiesto rovesciandomi addosso un'alito da autospurgo da far impallidire la peggiore delle fogne di Calcutta. Volevo scoreggiare per cambiare l'aria, quando mi ha salvato l'apertura provvidenziale di una porta, a Capannori, prima che cadessi esanime a terra. Anche se mi sarebbe toccato di svenire in piedi per motivi di spazio. 
Così, bene o male, siamo arrivati a Montecatini. E questa volta, per non sbagliare e rischiare di ritornare a Serravalle, sono sceso alla prima fermata di Montecatini Centro. Ero stanco morto, ma soprattutto affamato. Mi sono fermato in un pub, dove mi sono preso una focaccia calda farcita con mozzarella e pomodoro (sarà stato perché avevo fame, ma era una vera prelibatezza) e mi sono seduto a mangiarla su una panchina del viale di fronte. Con l'ultimo fiato che mi era rimasto in corpo ho telefonato a mia moglie e poi mi sono incamminato verso l'albergo, sempre distante una chilometrata, o forse di più perché mi ero fermato prima. Arrivato in camera, dopo aver disteso lo scheletro sul letto e riordinate le ossa, mi sono messo allo scrittoio a preparare le dediche sui libri. 




Ho disegnato originalissime dediche fino alle 2:20, e poi sono andato a dormire, credo, il sonno del giusto. Che non è la morte, ma poco ci mancava...
La mattina seguente, quella con la quale si concludeva la mia fugace apparizione a Lucca Comics, siccome sarei dovuto tornare a Livorno per rientrare in Sardegna, sono andato a Lucca con la macchina. Lo so che me lo avevano sconsigliato dicendomi che sarebbe stato meglio spostarsi in treno, ma ormai il peggio era passato: tornavo a casa!
Arrivato a Lucca, verso mezzogiorno ha iniziato a piovere. "Ci mancava anche la pioggia, e proprio oggi che devo cercare un parcheggio e chissà se lo trovo. E dove, lo trovo", ho pensato dentro di me. Dopo aver girato invano lungo le mura alla ricerca di un posto, soprattutto al riparo da multe e carrattrezzi, e dopo aver imboccato un paio di sensi vietati dei quali però mi sono accorto giusto in tempo per tornare indietro, percorrendo Viale Giosuè Carducci ho visto un cartello con la scritta "Parcheggio espositori". Anche se non ero un espositore, ero pur sempre un autore, e visto che sempre per "ore" finisce la parola, ci sono entrato e ho chiesto asilo giusto per il tempo necessario a consegnare i libri. Il ragazzo di "guardia" è stato molto comprensivo, e quando ha visto che lo imploravo con le lacrime agli occhi di farmi la carità di un piccolissimo spazio, promettendogli solennemente che di lì a poco sarei stato di ritorno, mi ha fatto entrare. Per fortuna dietro a un furgone che lo nascondeva alla vista c'era un posto libero. Non credevo ai miei occhi! Ho parcheggiato, ho preso dal cofano la borsa coi libri "dedicati" e mi sono incamminato verso lo stand dell'Editore, distante-non-so-quanto, ma credo un'altra chilometrata abbondante. Intanto aveva smesso di piovere. 


 Lele Vianello al lavoro

Allo stand, gli Autori stavano disegnando dediche a tutto spiano; intorno, la solita marea di gente che li osservava lavorare. 

 Sempre Lele al lavoro

Ancora una volta mi sono sentito "fuori posto" e così, dopo aver lasciato i libri con le mie scarne dediche e salutato tutti, abbracciando Lele con la promessa che ci saremmo rivisti presto "Ma non a Lucca", gli ho precisato, ho inforcato l'uscita verso Porta San Pietro dirigendomi verso il parcheggio in Viale Giosuè e poi Carducci, dove avevo lasciato la macchina. Intanto aveva ricominciato a piovere, e questa volta di brutto. Bagnato e infreddolito sono arrivato al parcheggio, ho caricato la macchina, e dopo aver sbagliato almeno quattro o cinque volte strada, più o meno verso le 14, finalmente sono riuscito a uscire da Lucca.
Ho pranzato in un supermercato a base di salatini e mezza minerale, e poi mi sono diretto verso Livorno dove mi attendeva il traghetto per Olbia. 

Varo previsto: ore 21. A scanso di equivoci e immancabili "Tutte le direzioni", tralasciando Ripafratta e Giannone, per evitare che tutto finisse in San Lorenzo in Vaccoli, questa volta ho preso l'autostrada che con circa 4 euri mi ha portato direttamente a Livorno, dove sono arrivato in orario fantozziano: cinque ore prima della partenza e tre prima dell'imbarco!


 Il ponte della nave

Siccome non avevo la cabina, mi sarei dovuto "arrangiare" dove capitava col materassino da campeggio e un sacco a pelo. Ma essendo tutti i divanetti già occupati, e i posti lungo i "punti di riunione", sottoscala inclusi, già presi da intraprendenti viaggiatori, ho girovagato per il natante fino a notte fonda quando, ispirato da non so quale Musa marina (non esiste, ma la invento io per l'occasione), ho imboccato il corridoio che portava alle poltrone reclinabili. Colà, essendovi due televisori accesi che proiettavano gli ectoplasmi di una qualche partita di calcio (ho saputo più tardi che si trattava di Roma-Torino o qualcosa di simile perché non si riconoscevano neppure i colori delle magliette), mi sono timidamente assiso davanti ai telescherni (proprio così: telescherni, perché visione catodica più brutta e offensiva di così non si poteva proiettare) in attesa che il legittimo proprietario reclamasse il posto che gli avevo rubato. Siccome alla fine della partita (scusate il termine) non si è visto nessuno, mentre nel frattempo la sala poltrone reclinabili si stava lentamente e sospettamente animando di viaggiatori che ne occupavano più di una a testa, ho pensato che per quella traversata la poltrona reclinabile non fosse stata un'opzione andata a ruba. E così, prima che me le occupassero tutte e sperando che non fossero state prenotate, ne ho scelte tre della prima fila sulle quali ho steso materassino, sacco a pelo e ossatura e finalmente ho preso sonno. 
La notte è trascorsa tranquilla e la mattina seguente, dopo aver fatto anche qui la fila nell'unico bagno disponibile per liberarmi la vescica dalle venti atmosfere di urina trattenute durante la notte, siamo arrivati a Olbia. 

  L'arrivo, o la partenza. Fate voi...

Bellissima giornata di sole, aria tersa di Sardegna, e soprattutto la mia "Itaca", dove Elisa-Penelope mi aspettava fremente ma senza i Proci, era sempre più vicina. L'incubo "lucchese" (abbiate pazienza) era ormai un lontano ricordo.

Con simpatia,
Francesco        

   

4 commenti:

  1. Ciao Francesco non mi sembra che sia tornato contento da Lucca Comics..., è sempre comunque una nuova esperienza. Ti aspetto ad Etnacomics:)
    Ciao Ti abbraccio

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  2. Ciao, Francesco. Poi come hai notato non sono più riuscito a passare a salutarti prima che tu tornassi nella nostra Sardegna! Ma in quel tourbillon è stato impossibile. Noi poi che ci lavoriamo a tempo pieno... Pensa che io sono anni che la manifestazione non la vedo per oggettivi limiti di tempo!
    Ma confido che l'esperienza non sia stata poi troppo omerica, come il felice ritorno da Penelope (senza Proci) lasciava intendere!
    A presto,

    Pier Luigi

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  3. Carissima Francesca, scusami se ti rispondo in ritardo ma stavo disegnando... dediche :) :)
    Per quanto riguarda Lucca, a parte il raccontino satirico-grottesco che ho tirato fuori, sono orgoglioso di avervi partecipato come Autore perché non è una cosa che capita tutti i giorni ed è stata una bellissima manifestazione. Il mio disagio, che è anche un mio limite, è da attribuirsi piuttosto al fatto che ci sono andato da solo e che non ho una vasta conoscenza dei fumetti in genere e soprattutto dei suoi Autori. Per questo mi sono sentito un po' "perso" tra tutte quelle cose esposte.
    Se, in aggiunta, ci mettiamo che sono un "anziano signore" che è stato costretto ad affrontare spostamenti non certo tra i più facili e comodi, questo completa il quadretto. Diverso sarebbe stato se avessi preso alloggio a Lucca invece che a Montecatini. Che non è lontano, intendiamoci, ma ci devi sempre arrivare e poi ripartire. Stando a Lucca avrei fatto tutto quanto con più calma: visitato la Città, fatto qualche foto in più, girato tra gli stand dei Comics, trattenuto più tempo in quello del mio Editore magari pranzando o cenando in trattoria, invece di andare a cornetti e cappuccini e poi correre alle stazioni per non perdere i treni. Considerando poi che tutte le distanze, da e per le stazioni, ho dovuto coprirle a piedi e "zainato" come un alpino.
    Ma la colpa è solo mia, perché non ho saputo organizzarmi.
    In ogni caso, anche se non la ripeterei, resta pur sempre un'esperienza positiva. Da rivedere nei particolari, ma comunque una bella esperienza.
    Quando verrò a Etnacomics, se mi sarò già rimesso dalle fatiche di Lucca e sarò ancora vivo, mi preparerò per tempo. Magari sei o sette mesi prima...
    Un abbraccio anche a te e, vista l'ora, felice notte,
    Francesco

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  4. Ciao Pier Luigi, un carissimo saluto e grazie per la visita!
    Mi aspettavo di rivederti, ma poi mi sono immaginato che per te, impegnato com'eri, non sarebbe stato facile. E poi, anche il fatto che io non mi sia trattenuto a lungo allo stand ci ha fatto perdere di vista. E' chiaro che nel mio tragicomico raccontino, pur avendo elencato per filo e per segno tutto quello che ho passato, ho esasperato gli avvenimenti. Perciò, malgrado tutto, cioè la folla e la confusione, Lucca Comics è stata per me una bellissima esperienza, che rifarei, ma organizzandomi diversamente. D'altra parte, l'aver vissuto per oltre quarant'anni in Sardegna, "l'Isola del silenzio", ammetto che in qualche modo mi ha condizionato l'esistenza. Qui gli spazi e i ritmi di vita, e tu lo sai, sono molto diversi, e forse sarà proprio per questo che io mi ci sono da subito trovato benissimo. "Hic manebimus optime", pensai infatti al mio primo approdo a Cagliari nel lontano 1970.
    Ringrazio perciò i fausti venti di Zèfiro, regalo di Eolo, che mi ci hanno ricondotto sano e salvo e, in attesa di riprendere il mare per nuove avventure, ti saluto con affetto dalla mia Itaca.
    Magari ci sentiremo più in là, per... telemaco! (ce l'hai il mio numero?)
    Un abbraccio,
    Francesco

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