domenica 7 giugno 2015

Platone La Repubblica



Ricevo da un amico, e pubblico volentieri, la libera traduzione che Indro Montanelli fece del Cap. VIII de "La Repubblica" di Platone.
fonte:  https://ultimavisione.wordpress.com/2011/11/08/platone-la-repubblica-cap-viii-atene-370-a-c-2/

E poi, vi invito tutti a riflettere...  


Atene 370 A.C

Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per potere continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?
In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri.
Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.
Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la democrazia muore: per abuso di se stessa.
E prima che nel sangue, nel ridicolo.

Avete riflettuto? Bravi!

2 commenti:

  1. Quante persone leggeranno? Io, Tomaso... quanti altri? Se non ti spiace, lo condivido sul mio blog così aggiungo ai tuoi 4 o 5 lettori i miei 2.

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  2. Carissima, ciao e grazie per la sempre gradita visita.
    Ti sei fatta la stessa domanda che mi sono fatto io mentre lo mettevo sul blog...
    Per vedere le reazioni, ho provato a metterlo anche su Google Plus (a proposito, tu ci sei?). Vediamo che succede.
    Eventualmente, mi trovi a questo indirizzo:
    https://plus.google.com/111572564756138044776/posts

    Condividi pure e, anzi, divulgalo più che puoi. Io pensavo addirittura di stampare anche dei volantini da lanciare sulla città col parapendio! ;)
    Un abbraccio e buona fine di domenica,
    Fransuà L'illusionné

    RispondiElimina

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