giovedì 17 luglio 2014

Renzi e l'inglese



Chissà perché si debba chiamare "Digital Venice" e non "Venezia digitale", forse al giorno d'oggi non se lo chiederà più nessuno. Poiché, cari i miei arretrati sostenitori dell'italico idioma, l'inglese impèra ormai dappertutto e, volenti o nolenti, ci sbattiamo il muso tutti i giorni.
Mi riferisco ai tavoli di lavoro dell'high-level meeting (vedete? ci risiamo con l'inglese) sul contesto digitale per costruire l'Europa del futuro, tenutosi in questi giorni nella città lagunare. Per seguitare con l'informatica, che tra "phishing", "phreaking", "tracking" e "wallet case" ci sta facendo perdere il senso della vita normale. Certo che se entriamo in un negozio per comprare un "apparecchio portatile con cuffia per l'ascolto di musica", è più facile farsi capire dal commesso se gli chiediamo un "walkman"; ma tutto questo inglese, diciamolo pure, almeno a me comincia proprio a stufare. E' capitato anche al nostro vulcanico e toscanissimo Presidente del Consiglio, il quale, nonostante al meeting veneziano sfoggiasse un inglese dall'incerta purtuttavia comprensibile fonetica - se non vogliamo fare i pignoli (o i "fussy", come direbbero loro) - è stato preso per il... "bottom" (volgarmente e italianamente "culo") da un sacco di gente. 
Perché non l'imparano loro, l'italiano? Non gli farebbe mica male!
In passato, molti illustri letterati, dal Monti al Manzoni (tra l'altro educato alla Scuola degli Enciclopedisti francesi), per non parlar dell'Alighieri e del suo "De vulgari eloquentia" (o, come si direbbe oggidì, "About ordinary eloquence"), si sono occupati della nostra bella lingua e soprattutto del suo uso parlato. 
E non di semplice tecnica letteraria; perché essa lingua rappresenta, oltre che un potente strumento di formazione, anche un valido e prezioso elemento di unità nazionale.
Viva l'Italia! Viva l'Italiano! 

8 commenti:

  1. Vero, se gli italiani parlassero italiano.
    F.

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  2. Caro Francesco, con queste lingue chi ne capisce niente!
    Mi sembra un gran minestrone, credo che parlare la propria lingua e lasciare che chi veramente è capace la pi?ò tradurre.
    Ciao e buona giornata caro amico.
    Tomaso

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  3. Ciao Floriana,
    grazie per la visita!
    Purtroppo, specialmente i più giovani, complici le nuove tecnologie e i social, quel poco che hanno imparato a scuola se lo stanno dimenticando...
    Peccato-
    A presto, un caro saluto e buona estate!
    Francesco

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    1. Sai, Francesco, penso che anche la scuola faccia male il suo lavoro. Ho sentito una direttrice di scuola elementare (ooops, primaria!) suggerire alle maestre di correggere gli errori di italiano anche sui quaderni di matematica e di essere più severe nella valutazione degli errori di ortografia in IV e V... Ai miei tempi l'ortografia si dava per acquisita in II poi volavano i 4, e un errore di italiano penalizzava qualunque compito: temi ma anche matematica, disegni o ginnastica...
      La tv causa enormi danni, così come la rete...
      ...
      Ho detto "ai miei tempi" vero? OMG come mio padre!!!

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  4. Carissimo Tomaso, vedo che anche tu la pensi come me. Senza contare che nei congressi internazionali ci sono gli interpreti. Lascerei a loro il compito di tradurre, specialmente se nelle lingue straniere si... zoppica.
    Così non si rischiano fraintendimenti o spiacevoli equivoci :)
    Un caro saluto e buona estate (qui fa molto caldo... ufff!...)
    Ciao,
    Francesco

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  5. Uno dei primi grandi errori, cara Floriana, secondo me è stata l'abolizione del Latino alle Medie. Sarà anche una lingua "morta", ma credo che sia stata utile a migliorare la vita di molti. Come una certa colpevole
    "svalutazione" tendente a rimuovere dalla scuola lo studio dei classici, ha fatto sì che piano piano si perdessero i valori della nostra Storia e della nostra stessa identità. Non dimentichiamoci di chi siamo i figli!
    Credo che molte colpe le abbia avute il sessantotto con le sue, spesso, contraddittorie idee di libertà che altro non hanno fatto se non frantumare e distruggere la parte buona che ancora c'era in noi. Insomma, il
    sessantotto, secondo me, a parte i diritti civili e altre cose che del movimento salverei, alla fine si è rivelato un'utopia "di comodo" fondata sulla contestazione dell'autorità in generale. Soprattutto nelle scuole. E da lì, cara Floriana, è partito tutto.
    Da bambino-ragazzo ricordo che mio padre e mia madre ogni tanto mi leggevano il libro Cuore - che poi ho riletto, da solo, anche in età adulta. Ebbene, qualcuno ha avuto il coraggio di dire
    che il De Amicis aveva scritto un libro "sadico e truculento", e non era - non è - quindi adatto come lettura per ragazzi. Io l'ho letto e riletto, mi è piaciuto, ho pianto, ma non mi ha assolutamente turbato psichicamente. Come ho letto e riletto Pinocchio, spesso rivedendomi nella figura del burattino. Mi hanno invece trasmesso dei valori, questo sì. E sono dei valori nei quali credo e dei quali vado fiero. E i Promessi Sposi, letti già alle elementari, dei quali alcuni passi salienti ho dovuto imparare a memoria per l'esame di ammissione dalla quinta alla prima media.
    Come non sono rimasto traumatizzato da qualche scapaccione, o dai ceci sotto le ginocchia quando a scuola facevo il discolo.
    Altri tempi, come dici tu e come diceva tuo padre? Può darsi. Ma sempre bei tempi, credimi. E un po' li rimpiango pure. Pensa un po'!
    Un caro saluto e grazie per il gradito intervento.
    Ciao,
    Francesco

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    1. Condivido tutto tranne l'uso dei ceci: li preferisco caldi in versione zuppa!
      Flo

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  6. Ottimi! Specialmente se insaporiti col finocchietto selvatico (abbondante nelle campagne sarde).
    Un caro saluto e a presto,
    Francesco

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